Erano due i nodi fondamentali che il Cdm di giovedì sera avrebbe dovuto affrontare: la sospensione del pagamento dell’Imu sulla prima casa e il rifinanziamento della Cassa integrazione in deroga. Il governo ha deciso di non decidere. Ufficialmente, c’è la volontà condivisa di procedere. Ma i decreti relativi sono stati rinviati a data da destinarsi. Pare che saranno emanati nel corso del prossimo Cdm. Perché, tuttavia, non sono già stati licenziati in questo? Lo abbiamo chiesto a Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze.
Come giudica l’esito del Cdm?
La Cigs, in larga misura, interessa alla Cgil e al Pd; l’Imu, invece, al Pdl. Evidentemente, all’interno del governo, ma anche del Pd, non è stato trovato l’accordo.
Pare che abbiano difficoltà a trovare le risorse necessarie. Non sarebbe sufficiente un anticipo di cassa non contabilizzabile in deficit?
Il rinvio dell’Imu già di per sé è un anticipo di cassa. Se il gettito inizialmente previsto non entra, infatti, occorre finanziare la mancata entrata in altro modo. Lo stesso principio potrebbe valere non solo sull’anticipo, ma sull’intero importo della tassa. Ora, posto che gli effetti giuridici sarebbero i medesimi, non possiamo pensare di agire senza disporre di una copertura adeguata. Equivarrebbe a barare.
Pare che di coperture (4 miliardi per l’Imu, 1,5 per la Cigs) per il momento, non ce ne siano.
Non è vero, la copertura ci sarebbe, eccome. Sono stati messi a punto, anche dal sottoscritto, svariati piani di vendita dei beni dello Stato, comprensivi non solo degli immobili pubblici, ma anche delle partecipazioni in aziende. Sarebbe sufficiente che uno di questi venisse realizzato, o che si tagliassero le sovvenzioni, per esempio, alle ferrovie per trovare i soldi necessari. D’altro canto, non è assolutamente credibile che non si riesca a trovare una copertura di 4-5 miliardi, essendo la cifra equivalente a solo lo 0,23% del nostro Pil. Tanto più se si considera che la nostra spesa pubblica ammonta a 800 miliardi di euro.
Perché, allora, non si procede in tal senso?
E’ la sinistra che ostacola l’operazione. Sarebbe costretta, in caso contrario, a riconoscere la legittimità delle tesi di Berlusconi, nel cui programma sono presenti misure analoghe.
Il premier Letta ha chiesto all’Europa di non contemplare le spese per gli investimenti e per le emergenze sociali nel computo del deficit. Potrebbe essere il modo per trovare le risorse necessarie?
Chiedere delle deroghe non ha alcun senso. Lo ripeto, vendendo i beni dello Stato e valorizzando le imprese pubbliche otterremmo facilmente i soldi che ci occorrono.
Vale lo stesso ragionamento anche per gli investimenti?
Indubbiamente. Anzitutto, non stiamo parlando di cifre di entità drammatica. Inoltre, il ragionamento è viziato dalla premessa secondo cui gli investimenti in infrastrutture debbano essere a carico dei Comuni. Tuttavia, questa logica fa il gioco, prevalentemente, del centrosinistra. Che mantenendo il controllo sulla spesa ci ha sempre guadagnato attraverso la distribuzione di lavoro alle proprie cooperative.
Lei come agirebbe?
Attraverso le forze del mercato. Per esempio, si possono facilmente coinvolgere nelle operazioni che si intende effettuare fondi di investimenti stranieri.
Verosimilmente, cosa ci possiamo aspettare dal prossimo Cdm?
La verità è che stanno prendendo tempo perché non sanno cosa fare.
(Paolo Nessi)