S’avanza qualche rognetta per le grandi banche mondiali? Le richieste di oro fisico, quelle legate a un contratto che va onorato e che impone la consegna del metallo prezioso, stanno eccedendo e di molto l’ammontare di oro che le banche detengono realmente. Tanto più che dai caveau in questo periodo di oro fisico ne è uscito parecchio e a una velocità che comincia a far temere, visto che se l’oro fisico a tua disposizione finisce ma hai contratti di consegna in essere ancora da onorare, o trovi quel materiale o l’intero castello di carte dei futures aurei, il cosiddetto oro di carta, crolla. Letti sotto questa lente, si spiegano meglio due recenti accadimenti che hanno portato a un repentino calo del prezzo dell’oro: la decisione di obbligare la Banca centrale di Cipro a vendere riserve per 400 milioni nell’ambito del piano di salvataggio del sistema bancario (di fatto per coprire perdite sul programma Ela tra banca centrale e Bce) e lo short controllato posto in essere da un cartello di grandi banche, una manovra manipolatoria che in due giorni ha visto vendute circa 400 tonnellate di oro, equivalenti a circa il 15% della produzione mondiale annua del metallo giallo, facendo crollare il prezzo del 20%.



Nella mente dei grandi banchieri c’era infatti la certezza – o, forse, solo speranza – che questo calo spaventasse gli investitori e raffreddasse la domanda di oro fisico, mentre è avvenuto l’esatto contrario: le incertezze globali a livello economico e finanziario hanno ormai trasformato l’oro in una certezza e il crollo del prezzo ha innescato una domanda record di metallo fisico in tutto il mondo, con zecche subissate di richieste e banche centrali in grande attivismo. Inoltre, molti facoltosi investitori hanno cominciato a sentire puzza di bruciato e hanno cominciato a ritirare l’oro dalle banche, preferendo cassette di sicurezza e caveau privati, quando non super-casseforti da tenere in casa. Alcune grandi banche hanno già comunicato che d’ora in poi i contratti futures sull’oro saranno onorati soltanto in contanti.



Un fantasma si aggira per i mercati finanziari globali. Non è da oggi, infatti, che le banche mentono sulle loro reali disponibilità di oro rispetto ai contratti futures che stipulano, ma un punto di crisi come questo non si era mai toccato, il redde rationem potrebbe davvero essere alle porte. Anche perché, stando al miliardario e investitore Eric Sprott, «la domanda di oro fisico eccede la disponibilità reale del 60%, finora le banche centrali hanno fornito il metallo mantenendo in vita lo schema dei futures per evitare altre Lehman Brothers ma non potrà andare avanti all’infinito. Le scorte di JP Morgan presso il Comex sono scese da 2,4 milioni di once a 160mila once, quindi occorre guardare al mercato fisico e non a quello di carta». Lo conferma Ronald Stoeferle, secondo cui la ratio tra oro cartaceo e oro fisico è addirittura di 130 a 1, «una cifra che ci sta avvicinando al default del mercato dei futures». Recentemente dai caveau del Comex sono usciti qualcosa come 2 milioni di once di oro fisico in un trimestre, il più grosso ritiro di materiale prezioso da dodici anni a questa parte.



Cosa significa? Che la gente non si fida più delle banche e ritira l’oro fisico. E fa bene. Una delle più grandi banche europee, l’olandese Abn Amro, infatti, ha fatto default sui suoi contratti sull’oro e ha informato i clienti che al posto di lingotti riceveranno contanti pari al valore dei futures sottoscritti. Ma c’è anche di peggio. La London Bullion Market Association (Lbma) è l’organizzazione professionale che sta alla base del mercato a pronti dell’oro e dell’argento di Londra, il cuore della compravendita mondiale di metalli preziosi. La Lbma stabilisce e supervisiona gli standard più alti nella raffinazione, documentazione, trasporto e custodia di ciascun lingotto d’oro e d’argento che circola nel mercato ufficiale al prezzo spot dell’oro: insomma, un’istituzione. Bene, questa istituzione starebbe per fare default sui suoi contratti di consegna di oro fisico. Non lo dico io ma il trader londinese, Andrew Maguire, l’uomo che svelò la frode nel mercato dell’argento, a detta del quale la Lbma comincia ad avere problemi con i propri contratti in oro fisico e alle istituzioni che chiedevano contratti futures veniva detto chiaramente che avrebbero ricevuto il corrispettivo in contanti.

Il problema con l’oro, poi, è capire dove si trovi fisicamente, vista la natura stessa del leasing sul metallo fisico: viene acquistato e quindi va da qualche parte, ma i caveau sempre più vuoti di sempre più istituzioni ufficiali ci fanno capire che, forse, è scomparso. O forse no. Il problema è che mai come oggi c’è una domanda forsennata a livello globale di oro fisico, quindi i nodi stanno per venire al pettine. Ormai i tempi di attesa per le bars 995 kilo è di tre settimane, in alcuni casi sforando già al mese di giugno avanzato: una larga parte di quelle bars, soprattutto quelle che escono dalle raffinerie degli Emirati Arabi Uniti, va sul mercato indiano (che ieri ha confermato un peggioramento del deficit commerciale dovuto proprio a un aumento di acquisto di oro fisico del 138%) e un’altra parte sostanziale su quello turco, dove si pagano premi rispetto al prezzo spot dai 20 ai 35 dollari.

Ora si aprono due scenari. Se i pianificatori centrali vogliono mantenere i prezzi dei metalli preziosi a questo livello così basso, per andare incontro alla crescente domanda di metallo fisico dovranno svuotare ancora di più i caveau delle banche centrali o prenderlo a prestito dagli Etf, come qualcuno avanza che stia già accadendo. Se invece non interverranno, lasceranno che oro e argento si riapprezzino placando un po’ la domanda o, quantomeno, facendo ritrovare un minimo di bilanciamento – ancorché artificiale – tra domanda e fornitura. Penso che si opterà per la seconda ipotesi, almeno per evitare altri casi Abn Amro.

Anche perché le famiglie più facoltose d’Europa stanno portando via le loro bars da 400 once dai caveau delle grandi banche, un qualcosa non direttamente legato al tonfo del prezzo e ai timori di shortage sull’offerta, ma cominciato mesi fa, sui timori innescati prima dalle scelte di Fed e Bundesbank e solo poi dal caso Abn Amro. Tre mesi fa, infatti, JP Morgan inviò una lettera ai suoi clienti più facoltosi per cercare di rassicurarli del fatto che il loro oro era al sicuro ed evitare continui prelievi e sempre maggiore carenza di oro fisico: niente da fare, pare che l’oro sia tornato ai suoi legittimi proprietari dietro la minaccia di spostare in banche concorrenti depositi e portafogli d’investimento multi-milionari.

Perché tanta paura negli ultimi tre mesi? Come vi raccontai lo scorso gennaio, quando accaddero i fatti, la Bundesbank ha chiesto il rimpatrio di una parte del suo oro detenuto presso la Fed di New York, un totale di 1800 tonnellate. Dopo giorni di trattative, però, la Fed accettò di spedire a Francoforte soltanto 300 tonnellate nei prossimi sette anni: perché un tempo così lungo? Basti pensare che il Venezuela lo scorso anno ha chiesto il rimpatrio di 200 tonnellate di oro stoccate a Londra, New York e in Svizzera e le ricevette in circa quattro mesi. La Fed di New York ha qualcosa da nascondere rispetto il reale numero di barre e lingotti stoccati nei suoi caveau? Dove sono finiti, forse in leasing per tamponare quel diluvio di carta straccia che sono i contratti futures ed evitare altri crolli di istituti “too big to fail”?

Il caso Abn Amro, poi, deve essere stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso dei grandi detentori d’oro fisico, visto che il prodotto offerto ai clienti dalla banca olandese prevedeva la consegna fisica dell’oro ma una settimana prima del crollo del prezzo dell’oro, guarda la coincidenza, l’istituto inviò una lettera ai clienti che avevano sottoscritto il contratto per informarli che non era più disponibile la consegna dei lingotti e che ci sarebbe stato un pagamento in contanti sul conto dell’investimento. Quindi, cosa sta accadendo? Una cosa sola appare certa, ovvero che stiamo per entrare in un periodo di volatilità dei prezzi dei metalli preziosi senza precedenti, insomma una stagione di violenti su e giù determinati in gran parte proprio dalla volontà dei banchieri e delle bullion banks di non far crollare del tutto il castello dell’oro di carta, lasciandoci le penne. Nel frattempo, però, continueremo a vedere iperattivismo da parte delle banche centrali, ad esempio quella cinese che lo scorso mese di marzo, stando a dati resi noti dall’Hong Kong Census and Statistics Department, ha visto l’import di oro esplodere al livello record di 223,5 tonnellate. E con previsioni per aprile ancora più alte.

Perché la Cina compra oro come se non ci fosse un domani? Sa qualcosa che il resto del mondo non sa? Soltanto maggior richiesta dal mercato interno oppure una chiara operazione di backing dello yuan e di hedging rispetto al rischio esplosione delle bolle di credito e immobiliare, a fronte di un calo della crescita e aumento dell’inflazione? Il quadro è di quelli sistemici, oltretutto, visto che in febbraio gli acquisti furono per 97,1 tonnellate, portando il totale del primo trimestre di quest’anno a 372 tonnellate, quanto Pechino importò nei primi sei mesi del 2012. Di più, dal gennaio dello scorso anno la Cina ha incamerato qualcosa come 1206 tonnellate di oro fisico, la metà della produzione mondiale annuale. Questi grafici parlano da soli.

 

 

 

E da dove ha comprato quell’oro la Cina? Magari da qualche banca a Londra, in Svizzera al numero 1 di Chase Manhattan Place, rendendo chiari e correlati il calo delle detenzioni ei caveau ufficiali e l’esplosione della febbre aurea cinese? O magari sono gli Etf a soddisfare quella fame di metallo prezioso? E per quanto durerà, visto che l’oro fisico scarseggia, a dir poco? Inoltre, stiamo per entrare in un periodo di decisa non correlazione tra prezzi spot e prezzi del metallo fisico, con i primi che potrebbero presto diventare totalmente irrilevanti, visto che già oggi, a fronte di una domanda sempre crescente per monete d’argento, alcuni dealers chiedono un premio fino al 30% in più rispetto al prezzo spot. E la gente fa la coda per pagare quei premi, fino a pochi anni fa assolutamente impensabili. Tranquilli, banchieri e bullion banks si inventeranno qualcosa per salvare gli stratosferici profitti che gli garantisce il casinò dell’oro di carta, ma questa volta dovranno davvero essere bravi. E, comunque vada, potrebbe lo stesso essere l’ultima.