La non simmetria è il tratto caratteristico delle relazioni economiche e interstatuali del mondo odierno. Caratteristica accentuata, naturalmente, dalla recessione in corso. In Europa questo emerge più fortemente di quanto non accada in altri continenti. Il ministro tedesco Wolfgang Schäuble ha dichiarato che il piano di gestire unitariamente il sistema bancario tramite un’agenzia europea che svolga sia un compito di regolazione, sia un compito di mutualizzazione dei debiti, sostenuto da un’altrettanto mutualistica raccolta di fondi utilizzabile a questo scopo, è legalmente insostenibile sulla base dei trattati europei vigenti.
Questa, che appare come una semplice dichiarazione tecnica, è in verità una bomba politica. Essa rende chiaramente esplicito che, almeno fino alle elezioni tedesche in settembre di quest’anno, nessuna proposta di condivisione delle strategie anticicliche, dagli Eurobond agli aiuti alle banche e ai paesi in difficoltà, sarà sostenuto dalla Germania. Questa strategia tedesca ha un substrato sostanzialistico, ossia di realtà. La realtà è la crescente nazionalizzazione del finanziamento dei debiti statali europei: la quota di investitori nazionali che li acquista cresce proporzionalmente e sempre di più di quelli internazionali, anche se, come è noto, questi ultimi sono riapparsi all’orizzonte anche dei paesi dell’Europa del Sud, facilitando enormemente il compito della maggioranza della Banca centrale europea che fa capo a Mario Draghi.
Questa nazionalizzazione, o rinazionalizzazione, del debito pubblico, tramite i patrimoni privati delle famiglie dei singoli stati europei, è seguita con grande attenzione dagli analisti tedeschi. Come è noto, essi hanno prodotto copiose ricerche sulle ricchezze comparate degli stati europei, che sono state politicamente utilizzate per far risaltare la ricchezza relativa delle famiglie sudeuropee rispetto alla ricchezza moderatamente austera e in ogni caso inferiore delle famiglie tedesche. Come sappiamo, si tratta dei soliti escamotage statistici perché nei patrimoni sudeuropei sono comprese le proprietà abitative che anche i poveri nuclei familiari dell’Alto Minho portoghese o dell’Andalusia spagnola o della Campania tradizionalmente posseggono pur vivendo in posizioni di reale e non fittizia povertà. Si è trattato di un’offensiva politica delle classi dominanti tedesche che hanno propagandisticamente diffuso dei dati falsi che non tengono conto, per esempio, che gran parte delle abitazioni nell’Europa centrale appartengono ai Comuni.
Rimane il fatto che questo è l’orientamento politico maggioritario tedesco in gran parte condiviso dal partito socialdemocratico tedesco. Se a ciò aggiungiamo le innumerevoli sentenze della Corte costituzionale tedesca, tutte di fatto antieuropeiste, il quadro asimmettrico è completo.
Ma di che asimmetria parlo? Parlo dell’asimmetria che si crea tra queste posizioni culturali, giuridico-economiche, politico-partitiche tedesche, e la necessità impellente che i paesi dell’Europa del Sud hanno di rinegoziare trattati, accordi, statuti bancari, regole generali per passare da una politica dell’austerità a una politica neokeynesiana che ponga le basi per un fuoriuscita dalla crisi. Nessuno ha meglio espresso questa necessità con realismo, buon senso ma anche accurata urgenza del governo Letta.
L’asse dunque attorno a cui oscilla l’asimmetria è il tempo, la dimensione temporale. Le società sudeuropee non possono reggere fino a settembre senza sostegni della domanda aggregata, siano essi realizzati tanto con gli stimoli fiscali quanto con modelli di trasferimento di denaro direttamente dalle famiglie alle imprese. L’ora delle decisioni tragiche, perché impellenti, è giunta. O i tedeschi diventano europei o l‘Europa si ammala definitivamente di una malattia inguaribile.