Il Prodotto interno lordo di Francia e Germania nel primo trimestre 2013 è ancora inferiore alle aspettative, mentre in Usa e Gran Bretagna, da cui era partita la crisi nel 2007, l’economia è già avviata a una netta ripresa. Il Pil francese scende dello 0,2% rispetto agli ultimi tre mesi del 2012, dopo essere già calato dello 0,2% rispetto al terzo trimestre dell’anno scorso. Quando si registra il segno meno per due trimestri consecutivi, come nel caso della Francia, gli economisti parlano di recessione tecnica. E i dati dell’Istat diffusi ieri dicono che sono ben sette i trimestri consecutivi in cui il Pil dell’Italia è risultato negativo: un record per il nostro Paese. Il Pil della Germania cresce invece soltanto dello 0,1%. Ilsussidiario.net ha intervistato il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison.
Cosa pensa di questi dati?
Dimostrano chiaramente che tra l’Eurozona e il resto del mondo si sta aprendo una forbice drammatica. L’eurozona è completamente in recessione, mentre il Regno Unito ha avuto un rimbalzo congiunturale nel primo trimestre, gli Stati Uniti sono in crescita, il Giappone spinto dalla strategia di crescita “Abenomics” è sempre più in alto.
Per quale motivo Germania e Francia non riescono ad agganciare la ripresa?
La Germania ha avuto una crescita estremamente modesta pari nel trimestre allo 0,1%. La Francia affronta un “triple dip”, cioè il terzo trimestre in calo, con una difficoltà importante a crescere in quanto è arrivata al redde rationem dell’austerità. Non ne sta facendo molta, tanto che ha avuto persino i due anni di proroga per ritornare sotto al 3% del rapporto deficit/Pil. Qualcosa però sta facendo sul piano dell’austerità e questo qualcosa è bastato a spingere la sua economia in recessione.
Lei come interpreta questa performance deludente?
Si tratta di una dimostrazione a 360 gradi del fatto che l’austerità sta portando l’Europa in un vicolo cieco in termini di disoccupazione, calo del Pil, distruzione di capacità produttiva. L’Ue continua a inseguire una coreografia di dati fiscali che dovrebbero essere rassicuranti, ma che non rassicurano più nessuno. Persino le agenzie di rating penalizzano i paesi più per la mancata crescita che per l’alto debito.
Che cosa accade nel frattempo nel resto del mondo?
La miopia europea e la ricetta tedesca si confrontano con l’euforia che tocca il Giappone e in parte gli stessi Stati Uniti. L’America in particolare sta dimostrando che quando l’economia cresce è più facile aumentare le entrate e ridurre i deficit, come sta avvenendo in questa fase, mentre in Europa con l’economia che non cresce e con le entrate che diminuiscono, ridurre i deficit è un sinonimo di lacrime e sangue. Introdurre nuove tasse stronca ulteriormente l’economia, creando una spirale viziosa verso il basso.
I politici tedeschi continuano ad affermare che la loro economia è stata rilanciata proprio dal rigore sul bilancio…
La Germania non sta realizzando una crescita così virtuosa. Ha registrato il +0,1% nel primo trimestre 2013, dopo avere subito una caduta dello 0,7% nel quarto trimestre 2012. A Berlino attribuiscono la debole crescita soprattutto a fattori climatici, come il cattivo tempo che ha rallentato l’economia, e al numero inferiore di giorni lavorativi, giustificando così anche la riduzione dell’1,4% del dato grezzo tedesco rispetto al primo trimestre del 2012. E’ come andare a cercare il pelo nell’uovo, soprattutto in quanto la Germania afferma di avere attuato le più grandi riforme economiche della storia, modificando il mercato del lavoro e rilanciando la competitività.
Queste politiche hanno dato i risultati sperati?
No. L’export tedesco è fermo, in quanto quello verso l’Europa sta crollando e quello verso i paesi extra-Ue non basta comunque a fare crescere la bilancia commerciale netta di Berlino. La Germania realizza quel poco di crescita solo attraverso i consumi privati, facilitati dai bassi tassi di interesse che il Paese lucra, distinguendosi dagli altri Stati Ue. Non si può però andare avanti così a lungo, in quanto tutti i mercati limitrofi alla Germania sono crollati, e quindi non comprano più i prodotti tedeschi. L’export extra-Ue è in tendenziale crescita, ma da solo non può bastare a rilanciare il Pil della Germania. L’intera cura tedesca sta quindi servendo a portare il Paese alla crescita zero.
(Pietro Vernizzi)