L’incontro del Papa con la cancelliera Merkel ha un rilevante significato umano e politico, perché l’Europa sta attraversando una profonda crisi economica e politica e le conseguenze sulla vita economica e sociale riaprono le distanze fra i paesi europei e dell’Eurozona: al tempo stesso si avvicina la scadenza delle elezioni tedesche, in settembre, il cui esito sarà decisivo per il futuro dell’Europa. La questione non riguarda le élite politiche economiche, ma il diffuso malessere di consenso che si sta propagando dalla Gran Bretagna alla Grecia, e in modo chiaro Papa Francesco ha affermato l’importanza di un’Europa forte e giusta, capace di guardare al bene comune, consapevole della necessità di prendersi cura dei bisogni dei più deboli nel momento di maggior bisogno.
È un messaggio forte, che può rafforzare la cancelliera Merkel nei rapporti con la sua opinione pubblica interna, a cui la memoria storica ha trasmesso una paura permanente dell’instabilità e dell’inflazione, pur di fronte a un aumento senza precedenti della disoccupazione in Europa.
Nel primo dopo-guerra l’Europa ha commesso errori storici nei confronti della Germania, di cui le paure del popolo tedesco sono figlie, ma sarebbe un contrappasso tragico che la Germania ripetesse oggi i medesimi errori di rigidità e inflessibilità nei confronti degli altri paesi europei. La storia umana di Papa Francesco l’ha portato a conoscere in modo diretto le ragioni dei più deboli, di cui comprende il linguaggio e le fatiche, e questo è proprio ciò che manca nel dibattito economico europeo, oltre che italiano.
I milioni di disoccupati sono persone umane che reclamano anzitutto la loro dignità e la mancanza di lavoro li priva di dignità, ancor prima che di reddito: i sacrifici che la crisi impone sui giovani rappresentano ferite che diventano cicatrici permanenti se la mancanza di lavoro dura troppo a lungo. Vi è quindi la necessità e l’urgenza di affermare con chiarezza quali sono le priorità politiche nell’agenda dei governi europei e la questione del lavoro è l’obiettivo prioritario, che deve orientare tutti gli altri: una virgola di disavanzo pubblico aggiuntivo viene dopo, e non prima, di una virgola di aumento della disoccupazione.
Papa Francesco dichiara tacitamente la necessità di questa priorità e il resto segue di conseguenza, ad esempio sul piano finanziario. E’ necessario ridurre l’anomalo divario fra l’elevato costo del denaro e la ridotta disponibilità di credito per le imprese e le famiglie di paesi come l’Italia e la Spagna: alla Banca centrale europea di certo non manca la consapevolezza del problema, ma è ormai necessario che adotti con urgenza gli strumenti indispensabili per promuovere l’obiettivo primario del lavoro. Il Trattato europeo, pur senza strappi, deve essere una cornice entro cui le banche promuovono l’Europa e il lavoro, insieme alla loro solidità patrimoniale.
La consapevolezza di ciò che viene prima e ciò che viene dopo è fondamentale in questa fase di forte crisi, proprio per evitare che le ferite diventino cicatrici per le persone e per l’Europa.
Gli strumenti non mancano occorre solo la consapevolezza di un bene comune e ciò richiede una convergenza della cultura europea senza della quale anche la convergenza economica non avrebbe spazio: il cemento di una comunità è la consapevolezza tacita, tanto più forte perché non scritta, del fatto che lo stare insieme richiede reciprocità, dei doveri così come di ciò che le persone, non diversamente dei paesi, ritengono di dovere l’uno all’altro. A nostro parere è proprio questo che, tacitamente, le parole di Papa Francesco esprimono.