Dove si sta dirigendo il nostro Paese? Siamo sull’orlo del baratro, come paventa Confindustria, o si avvicina un periodo prospero? Il governo, come tutti i governi, è piuttosto ottimista. L’atteggiamento sarebbe giustificato da una serie di considerazioni. Enrico Letta, di ritorno da Bruxelles, ha spiegato di averla avuta vinta: il prossimo Consiglio straordinario di luglio metterà a punto un pacchetto di misure per l’impiego. Il ministro per lo Sviluppo economico, Flavio Zanonato, sta inoltre preparando un piano per la ripresa che contempla la restituzione dei crediti alle imprese, il potenziamento del Fondo di Garanzia, liberalizzazioni e semplificazioni burocratiche. Infine, entro maggio l’Europa dovrebbe chiudere la procedura di infrazione prevista per lo sforamento del tetto del 3% del rapporto deficit/Pil. Significa che, per il 2014, ci sarà concessa la facoltà di arrivare al 2,9%. Se la procedura non si fosse chiusa, gli impegni assunti in ambito Ue ci avrebbero obbligato a non andare oltre il 2,4%. Avremo, quindi, mezzo punto di Pil – circa otto miliardi di euro – a disposizione. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Francesco Forte, economista ed ex ministro della Finanze.



Siamo sull’orlo del baratro come ha detto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi?

Per fortuna, non ancora. Mi meraviglia che Confindustria lanci questi messaggi che, se recepiti dai mercati internazionali, determinerebbero effetti negativi rispetto agli investimenti in Italia.

Quella di Letta è stata, effettivamente, una vittoria?



Per ora, le misure che si stanno prospettando sono tutt’altro che risolutive. Al limite, calmiereranno l’emergenza sociale. Si tratta di operazioni che ridistribuiranno il lavoro, senza crearne di nuovo. In tal senso, l’unica proposta significativa consisterebbe negli sgravi fiscali per le nuove assunzioni. Con dei calcoli opportuni, la procedura potrebbe realizzarsi a costo zero. A fronte dello sgravio che favorirebbe il datore di lavoro, infatti, il nuovo assunto rappresenterebbe per lo Stato una nuova fonte di gettito Irpef.

Il ministro per lo Sviluppo ha introdotto nel suo piano l’ipotesi di liquidare al più presto i debiti che le pubbliche amministrazioni hanno nei confronti delle imprese. Questo intervento può rivelarsi risolutivo?



Un’impresa, normalmente, se ha un credito con la PA si reca in banca, dove ha diritto a scontarlo, pur perdendoci gli interessi che, in ogni caso, in questo periodo sono particolarmente bassi. Tali crediti, quindi, in gran parte appartengono alle banche, e tutta l’operazione sarebbe a loro vantaggio.

Cosa ne pensa, invece, del potenziamento del fondo di garanzia?

Tra tutte, è l’idea migliore. Il fondo prevede che il finanziamento erogato da una banca a un’impresa possa essere coperto dalla garanzia pubblica. La banca, in questo modo, avrebbe zero rischi, perché in caso di insolvenza dell’impresa sarebbe risarcita dal fondo. Ora, si dà il caso che, a fronte della copertura sulla percentuale di crediti che una banca normalmente stima di non riuscire a recuperare, il fondo agirebbe da leva finanziaria. I crediti sbloccati rappresenterebbero, cioè, un multiplo cospicuo della garanzia concessa.

Quale sarebbe l’incidenza sul nostro tessuto economico delle liberalizzazioni nel campo dell’energia elettrica, del gas, e della distribuzioni di carburante? 

Praticamente nessuna. L’impressione, è che si tratta di misure per consentire alle Coop di vendere prodotti che, attualmente, non possono vendere.

 

Cosa si dovrebbe liberalizzare?

 Anzitutto, il sistema delle opere pubbliche: una serie di norme, rigidità e interessi di partito, bloccano moltissimi investimenti italiani e internazionali. Capita, infatti, che spesso il Comune o la Regione non eroghino i permessi necessari. Sarebbe, inoltre, necessario liberalizzare il mercato del lavoro. La Germania, con il governo di coalizione, è riuscita a liberalizzare i contratti, passando dal 9% di disoccupazione al 6%. Gli enti locali, infine, dovrebbero disfarsi di centri di potere quali le municipalizzate. Mettere sul mercato le aziende pubbliche, già di per sé, aumenterebbe il perimetro dell’economia.

 

Il ministro ha parlato anche di semplificazioni e tagli alla burocrazia.

Finché non fornirà una lista dettagliata di ciò che intende semplificare, si tratta di banali proclami.

 

Crede che il rientro dalla procedura di infrazione ci permetterà di disporre di margini di manovra effettivi?

Il margine si può utilizzare a condizione di sterilizzare il maggiore deficit vendendo beni pubblici. Penso a beni come le Ferrovie dello Stato che, da sole, valgono 18 miliardi di euro. In caso contrario, ancora una volta aumenterà il debito, e non ce lo possiamo permettere.  

 

(Paolo Nessi)