La ratifica del trattato internazionale sulla Tav Torino-Lione sarà portata in Parlamento entro le prossime due settimane. Lo ha assicurato il ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, durante un incontro informale al ministero con alcuni parlamentari. Intanto il 24 maggio al Ministero si è insediata la Task Force sulla Tav, con mansioni di coordinamento e comunicazione con il territorio. È probabile che queste notizie e l’imminente disegno di legge di ratifica possano scatenare nuove polemiche sul collegamento tra il capoluogo della Regione Piemonte e Lione, in quanto comporta un tunnel transalpino a due tubi che si sviluppa su una lunghezza di 52 chilometri e prosegue per altri 12 attraverso il tunnel di circonvallazione di Bussoleno.
La realizzazione del tunnel – è utile ricordarlo – è stata prevista sin da quando è stato allestito il progetto negli anni Novanta e ne assicura la coerenza globale in quanto parte integrante di un corridoio ferroviario da Lione a Budapest e per raggiungere successivamente Kiev (in gergo l’asse ferroviario n. 6 delle grandi rete europee).
È opportuno, ove non necessario, ricapitolare i punti essenziali della questione. Il progetto complessivo è stato presentato dall’Italia alle autorità europee nella legislatura 1996-2001- in particolare dal Governo D’Alema. Era stato preparato con il supporto scientifico anche della società di ricerche Nomisma s.p.a, creata da Romano Prodi, il quale, inoltre, era stato nominato dai Governi a guida democristiana degli anni Novanta, Garante per l’Alta Velocità. I funzionari europei hanno espresso dubbi non sull’utilità del progetto, ma sulla sua urgenza (rispetto ad altre grandi opere). Alla fine del 2003, grazie all’azione della nostra diplomazia economica (i Ministeri degli Affari Esteri, dell’Economia e delle Finanze e delle Infrastrutture hanno dato prova di stretto ed efficace coordinamento), nonché di analisi economiche effettuate con il metodo delle “opzioni reali” (che tiene conto della “finestra di opportunità” – positive e negative – derivante dal progetto per tutte le parti in causa), la Commissione europea, allora presieduta da Romano Prodi, ha inserito il progetto nella “quick list”, l’elenco delle opere inter-europee a cui dare attuazione con priorità.
La linea dei governi italiani è stata perseguita con chiarezza, trasparenza e rigore per oltre tre lustri, quale che fosse il colore politico della maggioranza: senza l’infrastruttura le nostre imprese sarebbero tagliate fuori dalle grandi linee di comunicazione europee con un forte aggravio dei loro costi (sia per ricevere input, sia per inviare le merci verso i mercati esteri), con una conseguente caduta di competitività (che si aggiunge a quella in atto da oltre un decennio).
Come sappiamo, dalla fine del 2005 (in parallelo con l’apertura dei cantieri da ambedue i versanti alpini) vengono attivate proteste, che hanno assunto anche caratteristiche violente, contro la Tav, e in particolare contro il tunnel a due tubi in Val di Susa. La situazione ha del paradossale. Per decenni, lo schieramento culturale, ancora prima che politico, vicino alla sinistra ha sostenuto la superiorità (specialmente per le merci) del trasporto ferroviario rispetto a quello su gomma in termini di minori costi (e soprattutto minori sinistri). In Italia, il secondo è diffuso molto più del primo a ragione delle inefficienze delle nostre ferrovie, che la Tav (non solo in Val di Susa) intende curare. Analogamente, per decenni gli ambientalisti hanno sottolineato come il trasporto ferroviario sia preferibile a quello su gomma. Adesso, almeno sulla base delle dichiarazioni ufficiali, le posizioni paiono rovesciate.
Quali che siano le convenienze di breve e medio-lungo periodo dei partiti e degli schieramenti politici occorre chiedersi quali sono gli interessi economici delle imprese, in particolare delle piccole e delle medie imprese (pmi), da cui in materia giunge un silenzio assordante. Ciò nonostante, sono probabilmente quelle maggiormente interessate ai benefici del progetto, anche se necessariamente le Pmi della Val di Susa finirebbero con subire costi indiretti per la durata del cantiere (che potrebbe essere molto lunga – anche 15 anni), poiché la realizzazione delle opere non potrebbe non creare (unitamente a un forte aumento dell’occupazione e dei consumi) un notevole scombussolio rispetto alla situazione e alle prassi di lavoro attuali (a ragione tra l’altro dell’afflusso, nella valle, di un vasto numero di lavoratori dal resto d’Italia, dell’Ue e del mondo). Ciò potrebbe essere compensato con una vasta gamma di incentivi.
I numeri sono da far venire i brividi. Il traffico merci trasportato su ferrovia registra da oltre un decennio una notevole riduzione: il dato più recente (3,9 milioni di tonnellate nel 2010) è pari a meno del 40% rispetto al massimo storico (10,1 milioni di tonnellate nel 1997). Il traffico merci trasportato su strada è sostanzialmente stabile dalla prima metà degli anni Novanta; l’andamento nel 1999-2004 rappresenta un’anomalia dovuta all’incidente (e relativo incendio) nel tunnel del Monte Bianco.
Queste cifre suggeriscono che si è giunti alla saturazione. Ma c’è di più: parte del traffico su gomma tra Italia e Francia ormai transita per Ventimiglia (con il risultato che la Riviera sta per diventare una delle aree più inquinate della costa mediterranea). I francesi vorrebbero ricorrere al contingentamento, ma le regole europee lo rendono difficile. Lo hanno fatto gli svizzeri, nelle gallerie nuove di zecca (ovvero rammodernate di recente) del Gottardo e del Lotschberg: la Confederazione elvetica non fa parte dell’Unione europea e non deve seguirne le regole. In breve, se non ci si da una mossa si finirà ingolfati e inquinati come già nel 2003 avevo dimostrato in un capitolo (dedicato alla Tav in Val di Susa) del libro, con P.L. Scandizzo “Valutare l’incertezza-l’analisi costi benefici nel XIX secolo” e pochi mesi fa ha ribadito, conti alla mano, Massimo Centra in un saggio pubblicato nel n. 32 della “Rassegna Italiana di Valutazione”.
Questi due studi utilizzano l’analisi costi benefici estesa alle “opzioni reali” e dimostrano che la fortissima dipendenza del trasporto delle merci dal modo stradale determina un quasi monopolio che crea un continuo rischio di abuso di posizione dominante e di blocco dei traffici di cui le imprese (principalmente le pmi) sarebbero quelle a subire i danni maggiori. I calcoli presentati non sono mai stati smentiti con controdeduzioni quantitative .
L’obiettivo del collegamento Tav Torino-Lione è di permettere un miglioramento delle condizioni di viaggio e di contribuire a riequilibrare il trasporto delle merci a favore della rotaia, tutelando l’ambiente in modo più efficace e più efficiente. Il tunnel italo-francese è progettato proprio per permettere questo servizio. Il suo valore economico-sociale per la collettività può essere adeguatamente apprezzato all’interno della metodologia di valutazione basata sulla teoria delle “opzioni reali”. I progetti a lunga gestazione, e a rilevante impiego di risorse in ambiente di incertezza, infatti, possono essere adeguatamente valutati solo se si tiene conto, oltre che delle prospettive “medie” di costi e di benefici, anche delle opportunità di guadagno (o di riduzione delle perdite) offerte dalla volatilità delle variabili coinvolte nella costruzione del progetto stesso.
Nel caso della Tav Torino- Lione, queste opportunità sono legate alle opzioni che diventano disponibili per il fatto che il progetto consente un riequilibrio tra i modi di trasporto, permettendo così di accedere in modo più pieno ai benefici della multi-modalità nei trasporti. Le ragioni per cui la volatilità delle variabili coinvolte è rilevante ai fini della valutazione delle opportunità generate dal progetto è che esse sono molteplici. Anzitutto, come si è detto, la posizione dominante del trasporto su gomma. In secondo luogo, l’incertezza degli effetti ambientali della crescita del traffico su strada si traduce in un’incredibile gamma di valori delle stime dei possibili danni dell’inquinamento atmosferico e acustico e dell’effetto serra. In terzo luogo, il progetto dà la possibilità agli utenti (specialmente alle pmi) di diversificare il proprio portafogli di attività di trasporto, ampliando la gamma delle possibilità di fruizione. Si aprono quindi opzioni relative ai tempi di attesa, all’uso del tempo durante il viaggio, e alle combinazioni intermodali, che non sarebbero disponibili senza il progetto.
Calcolo del Valore attuale netto economico
(milioni di Euro)
Per approfondimenti
G. Berta e B. Manghi, A. Boitani e M. Ponti , A. Tamburino. L. Bobbio Ideologia e prassi delle grandi opere in Il Mulino n. 423 pp. 92-132, 2006
M. Centra Analisi costi benefici con opzioni reali: un’applicazione al settore dei trasporti ferroviari in Le nuove frontiere dell’analisi costi benefici (a cura di Pennisi G.) in Rassegna Italiana di Valutazione Vol IX (32) pp. 97-116 , 2005
G.Pennisi e P.L. Scandizzo Valutare l’incertezza : l’analisi costi benefici del XXI secolo “ Giappichelli, Torino, 2003
G. Pennisi e P.L. Scandizzo Economic evaluation in the age of uncertainty in Evaluation Vol XII (1) pp. 79-96, 2006