Qualcosa si muove nella lotta al debito pubblico e nella ricerca di una via alternativa per abbassarne il peso dello stock? Un report del World Gold Council, l’organizzazione per lo sviluppo del mercato dell’oro, pubblicato giovedì, infatti, citava un sondaggio condotto da Wgc-Ipsos tra mille italiani in base al quale il 52% cittadini dei privati e il 61% della classe dirigente sono favorevoli a utilizzare – ma non a vendere – le riserve d’oro nazionali italiane, con lo scopo di alleggerire il peso del debito e aiutare la crescita. Solo il 4% degli intervistati sarebbe a favore di una vendita vera e propria del metallo fisico.



Il dibattito su Bankoro, lanciato dalle colonne de Il Sole 24 Ore da Alberto Quadrio Curzio e Fulvio Coltorti, sta quindi entrando in una fase pre-operativa? Non correrei troppo, ma nel report il World Gold Council parla molto chiaro e spinge l’Italia a mettere in campo le sue 2mila tonnellate di oro, quarto Paese al mondo per detenzioni, per rompere i dettati dell’austerity europea. Utilizzando le riserve come collaterale per un’emissione obbligazionaria, infatti, l’Italia potrebbe racimolare circa 400 miliardi sul mercato di capitali, respirando per un po’ (l’80% delle necessità di finanziamento per i prossimi due anni), evitando che le sue banche debbano comprare debito per tenere basso lo spread e magari comincino a erogare maggiore credito a imprese e famiglie.



Già nel 1974, c’era Guido Carli, l’Italia utilizzò il suo oro come collaterale per un prestito da 2 miliardi di dollari dalla Bundesbank e lo stesso fecero il Portogallo nel biennio 1975-1977, quando prese in prestito un miliardo di dollari dalla Banca per i regolamenti internazionali, e l’India nel 1991, quando ottenne un prestito dal Giappone.

Si legge nel report: «Con l’Italia ancora costretta a fronteggiare sfide finanziarie, gli asstes nazionali – come le riserve auree – presentano un’opportunità per guadagnare un po’ di tempo e spazio vitale. Il debito sovrano con garanzia aurea – gold-backed bonds – è debito emesso con sottostante collaterale in oro. Utilizzando un parte delle sue riserve auree in questo modo, un Paese può finanziarsi con minori costi e non vendendo una singola oncia. Questo utilizzo dell’oro potrebbe aiutare le nazioni a riconquistare la fiducia del mercato obbligazionario sovrano e abbassare i costi di finanziamento. Un Paese potrebbe raccogliere tra le quattro e le cinque volte il valore delle sue riserve auree, ovvero un bond collateralizzato al 20% in oro potrebbe appunto garantire l’80% delle necessità di rifinanziamento del prossimo biennio. Questo garantirebbe di guadagnare tempo e risorse per la crescita, abbasserebbe i rendimenti delle obbligazioni sovrane senza aumentare l’inflazione e permetterebbe al governo di lavorare seriamente su riforme e ripresa. Insomma, l’uso dell’oro per scopi di emissione di debito garantirebbe grande flessibilità».



Il problema è che la reflazione in un Paese è vietata dai soliti, idioti vincoli europei, quindi Letta dovrebbe negoziare questo tipo di emissione con Bruxelles, ovvero Berlino. Lo farà, un uomo degnissimo e preparato ma cresciuto a Strasburgo e abbeverato fin da giovane dall’europeismo di Andreatta prima e Prodi poi?

Certo, il problema italiano è anche altro, ovvero la perdita di competitività sul costo di unità lavorativa, un qualcosa che va avanti da 15 anni, ma guadagnare tempo ed evitare montagne russe di spread e rendimenti aiuterebbe non poco. Una “svalutazione interna” in stile portoghese devasterebbe il Paese, mentre chiedere e ottenere dai paesi del Nord Europa una “rivalutazione interna” per colmare parte del gap Nord-Sud appare ipotesi lunare.

Che fare, quindi? Mettiamo in campo le riserve auree? Non so, ma dopo quanto accaduto a Cipro, ogni volta che sento parlare di oro sovrano mi vengono i brividi. Certo, in questo caso si tratta di collaterale a garanzia di un’emissione, non di vendita dell’oro fisico ma tutto questo ardore del World Gold Council verso il quarto Paese per riserve (gli altri sono Usa, Germania e Fmi, gente che il suo oro non lo sfiora nemmeno col pensiero), ma anche il più politicamente ed economicamente traballante e ricattabile tra gli “aurei”, mi fa pensare male. Molto male. Ma, forse, sarà davvero un’extrema ratio necessaria. Dall’oro per la patria, all’oro per l’euro.