Ho letto con attenzione il contributo di Antonio Schizzerotto e Ugo Trivellato “Reddito minimo, le condizioni per farlo” su LaVoce.info e ho dei dubbi sulla possibilità, nell’attuale situazione economica, di realizzare un Reddito minimo analogo a quello del Trentino (o qualsiasi suo derivato) in tutta Italia. Premesso che, come per la valutazione dei servizi per l’impiego, svolgere analisi sul caso Trentino per poi generalizzarlo a livello nazionale, sia un “errore grossolano” che non tiene conto di specificità del contesto di riferimento, quali: il termine “autonomo” e l’efficienza nella gestione della macchina pubblica rappresentano una vera “anomalia” piuttosto che la norma nel nostro Paese; in generale, le risorse dedicate ai servizi, misure e supporti delle politiche del lavoro sono imparagonabili rispetto ad altre realtà; la situazione occupazionale non è certo la medesima di quella presente al Sud.



Inoltre, gli autori sostengono che il reddito di garanzia “non genera alcun disincentivo alla partecipazione al mercato del lavoro”: questo, se pensiamo alla “carovana dei benefici” in Danimarca, non è proprio vero. Nei primi anni del 2000, il costante passaggio tra disoccupazione, formazione e lavori socialmente utili aveva creato una delle situazione di “opportunismo” dei beneficiari più alte in Europa, tanto da riformare il cosiddetto modello di Flexicurity, in un sistema molto più stringente e “coercitivo” simile al workfare anglosassone.



Gli effetti sul mercato del lavoro influiscono direttamente non tanto per chi è fuori dal mercato del lavoro, ma piuttosto per coloro che sono dentro, creando un salario di riserva più alto e quindi influendo sulla curva di Beveridge. In altre parole, molte persone che svolgono lavori a bassa qualifica con salari prossimi al reddito minimo semplicemente si ritireranno dal mercato per accedere al sussidio. In certi casi, come nel Regno Unito, molti di questi soggetti si fanno “appositamente” licenziare, consapevoli che le dimissioni potrebbero rappresentare un problema per accedere a qualsiasi forma di tutela di base.



A questo punto, facendo un calcolo approssimativo, se sommiamo ai disoccupati, gli inattivi con un forte attachment al mercato del lavoro e i precari che si trasformerebbero immediatamente indisponibili al lavoro, il numero dei beneficiari si aggirerebbe facilmente oltre i 6-7 milioni di individui (stima in difetto). Supponendo di dare una cifra, molto inferiore a quella prevista in Trentino, diciamo 5mila euro all’anno, il totale per un provvedimento a livello nazionale si aggirerebbe sui 30-40 miliardi di euro. In questo momento, il governo Letta si trova in grosse difficoltà per trovare “appena” 4 miliardi per togliere l’Imu sulla prima casa e 1 miliardo per la Cassa in deroga, la domanda sorge spontanea: tutti d’accordo sul Reddito minimo, ma professori dove si trovano i soldi?

Infine, la critica maggiore la riservo all’idea di “attivazione” al mercato del lavoro. Lavorando ormai da qualche anno sull’argomento, posso dire che l’idea di affiancare politiche attive con quelle passive in Italia si è tradotto nei fatti in situazioni di “parcheggio” nella formazione, senza grandi risultati in termini di inserimento occupazionale. Le azioni “coercitive”, vera rarità nel nostro Paese, con l’attuale crisi (ovvero generale assenza di domanda di lavoro) sembra presentino difficoltà anche nel Regno Unito, il Paese tra i più avanzati sull’argomento. Figuriamoci che cosa potrebbero fare gli attuali Centri per l’impiego (o privati delegati), che oggi hanno seri problemi nell’inserire anche dei buoni curricula in un quadro non solo italiano, ma anche internazionale.

In conclusione, ritengo che rispetto al Reddito minimo andrebbero pensati programmi di Job creation temporanei finanziati dall’Unione europea per i soggetti più “svantaggiati”, in modo da garantire contemporaneamente tutele e inserimento sociale. Lo strumento non avrebbe le caratteristiche per contrastare la povertà in Italia, ma all’interno di una prospettiva pragmatica dei nostri conti pubblici è l’unica cosa che si può fare!