Il premier Enrico Letta, in un’intervista pubblicata su Limes prima che diventasse premier, di cui Repubblica ha pubblicato un estratto, si è detto convinto di come l’Italia sia diventata un potenziale detonatore per la deflagrazione dell’eurosistema in ragione non tanto di come è stata concepita l’unificazione monetaria, quanto di come si è sviluppata concretamene nel tempo. In particolare, egoismi nazionali e l’asimmetria tra la componente monetaria e tutti il resto (difesa, questione interne, politica estera) si sono rivelati esiziali. Ma noi, spiega Letta, non siamo i principali colpevoli. Siamo, semplicemente, il punto di convergenza di una serie di debolezze e anomalie. Le maggiori responsabilità, invece, sono da imputare a Francia, Regno unito e Germania. In Germania, in particolare, vi è un problema di leadership capace di indicare nell’Europa la strada. In tal senso, l’Italia, se tornasse ad assumere un ruolo preminente, potrebbe facilmente coagulare attorno a sé svariati soggetti preoccupati dell’«atomizzazione dell’Europa». Sul perché i tedeschi dovrebbero investire nel nostro salvataggio, Letta non ha dubbi: le nostre economie sono interconnesse, e non esistono, ormai, più confini tra imprese italiane e tedesche. Noi dipendiamo da loro e loro da noi. Del resto, precisa Letta, se l’economia del Paesi membri dovesse crollare, crollerebbe anche quella della Germania. Per questo, è stato un errore, e i tedeschi se ne dovranno rendere conto, puntare tutto sull’austerity senza, contestualmente, studiare politiche per la crescita. «il sacrificio rischia di essere inutile se non si tramuta in crescita economica».



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