L’uscita dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo è stata salutata dal mondo politico-economico come il preludio a una svolta epocale. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, denunciando l’arretratezza del nostro Paese rispetto alle sfide globali, ha spiegato che «i sacrifici compiuti per conseguire e consolidare la stabilità finanziaria rispondono a rigidità a lungo trascurate, a ritardi accumulati nel tempo. L’uscita dalla procedura di deficit eccessivo ne è un primo frutto, da non dissipare. Va considerato un investimento su cui costruire». La pensa più o meno così anche il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. Che, su Il Sole 24 Ore, si è detto convinto di come aver rispettato gli impegni ci consentirà di godere di maggiori margini politici e strategici. Per ora, tuttavia,il Consiglio dei ministri si è limitato a rinnovare le detrazioni fiscali per ristrutturazioni e risparmio energetico. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze.



Professore, c’è grande entusiasmo per l’uscita dalla procedura d’infrazione per lo sforamento del tetto del 3% al rapporto deficit/Pil…

Non bisognerebbe dimenticare che l’uscita dall’infrazione è stata raggiunta a caro prezzo, grazie al governo  Monti che, con un eccesso di tassazione, ha dissestato la nostra economia. Resta il fatto che, nel frattempo, il nostro rapporto debito/Pil è schizzato di oltre dieci punti. Questo è accaduto, in parte, per la flessione del Pil e, in parte, perché sono stati messi a bilancio i debiti che la sanità locale aveva contratto con le imprese. Tali debiti non hanno ampliato il deficit perché erano pregressi, ma hanno aggravato ulteriormente il debito. E, a causa della sua entità, non ci sarà concessa alcuna deroga sul deficit. Questo è lo schema all’interno del quale qualunque misura per la crescita è obbligata a muoversi.



In tal senso, il ministro Saccomanni ha fatto presente che sarà possibile dedurre dal computo del deficit la quota nazionale di cofinanziamento ai fondi strutturali europei.

Legato a questa misura, c’è un escamotage individuato da Saccomanni che va apprezzato: il ministro ha proposto che i debiti contratti dalle Pubbliche amministrazioni con le imprese e che sono stati scontati presso le banche (che li detengono come factoring), vengano spostati alla Bei. Le banche, infatti, stanno cercando di liberarsene scaricandoli sullo Stato in misura sempre maggiore.

Quali conseguenze avrebbe questo escamotage del ministro?



Grazie alla manovra prospettata da Saccomanni, si potrebbe aprire uno spazio per utilizzare il cofinanziamento dell’Ue senza temere che il nostro debito esploda, mentre le banche potrebbero ampliare i canali del credito. Contestualmente, è positivo il fatto che voglia riattivare il credito agevolato del fondo di Garanzia. Il combinato disposto di questi meccanismi potrebbe contribuire al rilancio di una crescita in condizioni estremamente vincolate.

 

A fronte di queste considerazioni, tuttavia, il Cdm si è limitato a varare un decreto sui bonus energetici e sugli incentivi fiscali all’edilizia..

I bonus energetici, tutto sommato, possono attrarre qualche investimento. Ma pensare che il cittadino che ha subito un forte inasprimento patrimoniale come quello dell’Imu si senta incentivato a investire nell’edilizia è grottesco.

 

Berlusconi, dal canto suo,ha dichiarato che per produrre uno choc sull’economia è necessario abolire l’Imu, non aumentare dell’Iva, riformare Equitalia e alleggerire la fiscalità generale.

Bisogna vedere come queste misure potrebbero essere finanziate. Quattro miliardi di Imu, per esempio, benché non siano di per sé una cifra enorme, sono difficili da eliminare in questo momento. Lo stesso vale per le altre imposte. Complessivamente, si tratterebbe di circa 8 miliardi, pari a circa lo 0,5% del Pil. Certo, probabilmente così facendo, avremmo dato uno slancio all’economia. Si tratterebbe di una direzione di marcia apprezzabile, ma di modeste dimensioni. 

 

(Paolo Nessi)