“La mia linea è la stessa di Saccomanni: in alcuni casi si auspica che l’Iva non aumenti, ma le cose che dico io danno conto realisticamente della situazione. Non si ha la possibilità di fare cose miracolose: se fosse possibile io l’Iva la porterei anche al 19%”. È quanto ha dichiarato a Porta a Porta Flavio Zanonato, ministro dello Sviluppo economico, il quale ha aggiunto che “dobbiamo fare un discorso di verità: Brunetta e Schifani sono degli ottimisti della volontà, ma io devo avere il pessimismo dell’intelligenza”. Il Pdl in ogni caso torna a ribadire la necessità di evitare l’aumento dell’Iva e di arrivare alla cancellazione dell’Imu. Ilsussidiario.net ha intervistato Ugo Arrigo, Professore di Finanza Pubblica all’Università Bicocca di Milano.
Che cosa ne pensa del fatto che il governo sembra orientato a non bloccare l’aumento dell’Iva?
In questo modo il governo perde un’occasione molto importante per dare un segnale all’economia italiana. Bloccare l’incremento dell’Iva avrebbe voluto dire che questa politica dell’inasprimento indiscriminato delle aliquote fiscali ogni volta che manca il gettito non si farà più. Al contrario, l’indicazione che emerge da un ritocco dell’Iva è ulteriormente recessivo.
In quale altro modo si poteva reperire il gettito che si trova con l’Iva?
Il gettito di questi aumenti esiste soltanto sulla carta. Alzare le aliquote quando gli imponibili sono in picchiata non produce nessun beneficio dal punto di vista del bilancio. In altre parole, questo 1% di Iva in più non produrrà nessun gettito in più, perché la gente continuerà a consumare di meno. Allo stesso modo il precedente aumento dal 20% al 21% ha portato a un calo del gettito.
Ci può dare anche qualche numero in merito?
Da quando nel settembre 2011 è stata aumentata l’Iva dal 20% al 21%, in Italia i consumi reali sono diminuiti del 6,6%. Poiché il 21% si applicava solo sull’aliquota più alta, di fatto il reale inasprimento fiscale è stato del 3,5%. Ciò significa che l’effetto negativo sui consumi è stato pari al doppio rispetto all’aumento dell’aliquota. Nei cinque anni dell’ultima legislatura, quindi dall’inizio della crisi a a oggi, c’è stata una recessione impressionante. Dal primo trimestre 2008 al primo trimestre 2013 il Pil è calato dell’8,7% e gli investimenti del 26%.
Possibile che i fautori dell’austerity non siano a conoscenza di questi dati?
La politica sbagliata dell’Ue in generale parte dal fatto di non comprendere che ciò che produce gettito sono gli imponibili, cioè i redditi e i consumi, e non le aliquote. I consumi finali producono gettito, ma non si possono compensare riduzioni dei redditi con aumenti di aliquote. Se gli imponibili sono in calo, non si può aumentare il gettito aumentando le aliquote, anche perché si accentua ancora di più la tendenza recessiva in corso.
E quindi?
C’è un rigorismo europeo che io considero ottuso, e che si basa sul rispetto formale di parametri che non vogliono dire nulla. Il rispetto formale del rapporto del 3% tra defict e Pil non significa assolutamente nulla: sembra quasi che le autorità Ue non comprendano il valore di parametri che abbiamo ereditato dal passato, perdendone però il significato.
Suona un po’ come una punizione, quasi come un castigo per gli sperperi dei passati decenni…
Sì, ma tutto ciò non vuole dire nulla. Tra i parametri di Maastricht, il più importante è il rapporto debito/Pil, cioè la sostenibilità del debito pubblico. Il rapporto deficit/Pil è un parametro complementare al precedente che fornisce un’indicazione su come fare per evitare che il debito pubblico diventi insostenibile. Si tratta quindi di un obiettivo di breve periodo, strumentale rispetto all’altro, oltre che il parametro che i governi hanno di più sotto controllo.
Ieri il bollettino della Banca d’Italia ha mostrato che nell’ultimo anno sono aumentate le entrate, ma anche il debito pubblico. Com’è possibile?
Le entrate sono aumentate soprattutto per l’Imu, il cui gettito ammonta a 24 miliardi di euro. Questa somma in parte ha compensato riduzioni di entrate su altre voci, in parte è servita ad aumentare voci di spesa. L’aumento dell’Imu, inoltre, in parte ha compensato alcune voci di entrate che sono diminuite, come l’Iva sui consumi o i contributi sociali sul lavoro.
Per quale motivo Letta persiste nell’errore di Monti?
L’Italia è costretta a persistere nell’errore di aumentare le tasse per non fare emergere agli occhi di tutti quanto sia stata assurda l’austerity europea. L’Ue non consente quindi a Letta di avere mano libera, perché ciò farebbe fare una brutta figura alla Merkel che a settembre affronterà le elezioni. Si può errare a livello nazionale, ma per perseverare bisogna essere diabolicamente europei.
(Pietro Vernizzi)