Il governo tiene una riunione fiume e poi convoca a tarda sera una conferenza stampa a più voci, con in testa il presidente del Consiglio, Enrico Letta. Difficile capire in questo momento la portata complessiva del cosiddetto “decreto del fare”. Balzano alle orecchie nelle dichiarazioni e nei titoli dei telegiornali alcuni provvedimenti che paiono di buon senso. Equitalia appare più “umana”, così come era stato promesso; c’è un taglio di un quarto sul totale sui vecchi contenziosi civili, sulla giustizia civile, che lascia un filo di speranza nell’oceano delle cause arretrate; c’è un taglio di 500 milioni di euro sulle bollette; c’è un piano di credito di 5 miliardi di euro per le aziende che innovano e che si possono rivolgere alla Bei, la Banca europea degli investimenti. Ci sono altri titoli dell’intervento governativo che danno un senso di sollievo. Ma quello che ci si chiede, rispetto alle urgenze in cui vive il paese, è se questo intervento affronta veramente il “toro per le corna” e cerca di risolvere la crisi in cui si trova il Paese con scadenze sempre più ravvicinate.



Oscar Giannino, grande giornalista, fondatore di Fermare il declino, riesce a dare solo una lettura “che per il momento è grossier”. “Siamo ai titoli, poi domani vedremo con più calma quello che è stato deciso anche nei dettagli. Al momento posso dare più impressioni che sostanza ed entrare nel merito. La mia opinione è che questo intervento sia un bis di quelli del governo Monti, ma fatto con un po’ più di energia. Voglio dire che alcuni interventi, mi riferisco a Equitalia e alla giustizia civile sono indubbiamente di buon senso. Ma ancora una volta, da quanto mi sembra, il ‘toro per le corna’ non è stato ancora affrontato”.



A che cosa si riferisce specificamente, Giannino?
A quello che sto dicendo da anni. Il problema italiano bisogna affrontarlo con l’abbattimento della spesa pubblica, con un piano programmato e quindi con una conseguente riduzione della pressione fiscale. Sono questi i due punti sui quali bisogna misurarsi, è questa la strada da percorrere. E bisognerebbe affrontarlo subito questo problema, quando, dopo due mesi di studi e attenzione, sei un governo nel pieno delle forze e quindi puoi presentarti con un provvedimento di grande portata. Non mi sembra che si stia battendo questa strada, almeno da quello che ho ascoltato nella conferenza stampa a più voci. Evidentemente la forza di resistenza della Stato italiano è superiore a qualsiasi prova.



Eppure lei dice che ha notato maggiore energia in questo provvedimento.
È vero, e ripeto: alcune misure restano lodevoli, condivisibili. Ma il nodo centrale è quello che dicevo: come affrontare l’abbattimento della spesa pubblica e ridare fiducia alle imprese in tempi rapidi, abbattendo la pressione fiscale. Qui si corre sul filo dei giorni e delle settimane, tre o sei mesi per ridare un minimo di fiducia alle imprese. 

Difficile che in sei mesi imprese italiane che fanno innovazione possono ottenere dalla Bei un accesso al credito. Poi ci sarebbe da spiegare come si fanno alcune coperture per interventi. Sottolineiamo anche che i 500 milioni per alleggerire le bollette sono robetta.

Al momento hanno cercato con tutta probabilità di tamponare una situazione.
Ma non mi pare che sia la strada giusta. Il nodo della questione è dare una certa sicurezza alle imprese e che nel giro di qualche anno si arrivi all’abbattimento di tasse assurde. Invece non si vede il filo rosso che possa portare a questa scelta e nello stesso tempo, queste stesse imprese devono fare i conti con i credit crunch delle banche. Difficile essere ottimisti in una situazione come questa e con scelte di questo tipo.

(Gianluigi Da Rold)