La notizia emersa la settimana scorsa, secondo cui Reuters concede ai suoi abbonati di avere accesso ai dati mensili sulla fiducia dei consumatori in anticipo sulla concorrenza, dovrebbe far suonare un campanello d’allarme sui pericoli rappresentati da questa pratica. Si tratta, infatti, di clienti che fanno grande uso delle statistiche per stabilire come effettuare le operazioni di trading ad alta frequenza. E già, la fiducia dei consumatori: notizia market sensitive, una leccornia per i golosoni del mercato.
Michael Gayed, chief investment strategist di Pension Partners, ha detto in un’intervista a Newsmax TV che «per i gruppi che gestiscono le piattaforme di high-frequency trading, i due secondi di vantaggio che Reuters concede ai clienti sono una “cosa molto negativa”, perchè costituisce una minaccia alla stabilità dei mercati. «La velocità – dice l’analista – può essere molto più pericolosa di quanto si possa pensare». Quanto ci sia di illecito in questo fare non spetta a me dirlo. Spetta invece a tutti riflettere sul fatto.
Già, qual è il valore di mercato di quel numero, dato ai clienti in anticipo sulla concorrenza? Beh, quando il dato della fiducia sale, quelli che fanno la spesa vuol dire che spenderanno. E già, andrà bene per chi produce e chi commercia; quelle aziende quotate che fanno questo avranno più utili da mostrare nei loro bilanci. Sapere questo prima degli altri fa investire con maggior profitto. Se invece quella fiducia scende, quei due secondi di vantaggio saranno cruciali per uscire dal mercato prima degli altri, senza farsi male. Ma quanto cacchio vale la fiducia di quei tizi? Fa scendere o salire il valore dei titoli in borsa, svuota o riempie i magazzini delle imprese, fa aumentare o diminuire l’occupazione; con la spesa fa crescere o decrescere l’economia. Mica male eh? Già, cosicché quando nel 2012 ogni abitante del nostro Paese ha prodotto in media 504 kg di rifiuti, 32 in meno rispetto al 2010, vuol dire che ha speso meno.
Sono cacchi. Anzi, più che cacchi: è crisi. Quella che affonda il mondo dal 2007! Orbene, vista la relazione prodromica che lega questa fiducia alle fiducie altrui, visto cotanto valore, perché non vendere fiducia? E, ancor di più, per quelli che ne possano trarre beneficio, perché non acquistare fiducia? Pagata, rifocilla quel potere d’acquisto per fare la spesa che tanto manca all’economia.
E vai! Con i soldi si può tornare a cantare messa, intonando magari tutt’insieme il cantico della crescita.