L’economia italiana ha “toccato il fondo”, ma adesso, arrivati al sesto anno di recessione, iniziano a farsi vedere “qua e là segni di fine caduta e, più aleatorie, indicazioni di svolta”. A rilevarlo è il Centro studi di Confindustria negli scenari economici presentati oggi, da cui emerge che ancora non si vedono “i germogli di ripresa che erano ben visibili nella primavera del 2009 e che sbocciarono in estate”. Verso la metà di quest’anno, viene spiegato da viale dell’Astronomia, “questo mazzo misto di evidenze sparse lascia solo intravedere l’avvio della risalita. Non costituisce solide fondamenta per prevederla. Tuttavia, quel mazzo è infoltito e ben legato da almeno cinque elementi: il minor costo dell’energia che rimpolpa il potere d’acquisto, la conferma dei progressi nel contesto globale, l’affievolimento delle misure di austerity, il conforto di una maggiore stabilità di azione del governo orientata alla crescita e il cauto rinsaldarsi della fiducia”. Il segnale più importante di aver toccato il fondo “viene dagli acquisti di auto, bene durevole la cui domanda è molto sensibile a ogni mutamento delle condizioni di reddito e di sentimento. Le immatricolazioni hanno cominciato a puntare verso l’alto e il portafoglio ordini inizia a essere meno vuoto”. Dal rapporto presentato si evince inoltre che “la caduta della domanda totale interna, che contraddistingue questa recessione dalla precedente, prosegue nel 2013: -3,5%, dopo il -5,2% nel 2012, e nessun recupero nel 2014. All’opposto, le esportazioni continuano a espandersi: +1,3% quest’anno e +2,6% il prossimo, quando si collocheranno sopra i livelli pre-crisi”. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, invece, secondo Confindustria “dall’ultimo trimestre 2007 al primo 2013 le persone che hanno perso l’impiego ammontano a 700mila, di cui quasi la metà nell’ultimo anno; la cifra salirà fino a 817mila per la fine del 2014. La diminuzione delle unità di lavoro, che includono il ricorso alla CIG e le altre forme di riduzione dell’orario di lavoro, sfiorava 1,7 milioni nel primo trimestre 2013 e supererà 1,8 milioni nel secondo 2014, quando l’assorbimento di lavoro inizierà nuovamente ad aumentare”. A salvare la nostra economia, ancora una volta, sono le esportazioni: il Centro studi rileva infatti l’aumento “di un punto percentuale del tasso di crescita dell’export di merci”, associato “a un aumento di 0,24 punti percentuali del tasso di crescita del Pil italiano. In particolare, se nei prossimi cinque anni l’export italiano replicasse la perfomance di quello tedesco nel decennio pre-crisi, aumentando la sua quota sul PIL di 1,6 punti percentuali all’anno, si avrebbe un incremento aggiuntivo del PIL dello 0,7% annuo”.