Il futuro di Alitalia è sempre più incerto. La liquidità è praticamente terminata e di questo ne sono tutti coscienti: sindacati, politica e ovviamente i vertici aziendali. La presentazione del piano industriale è slittata di una settimana, ma ormai il tempo a disposizione è davvero ridotto. Le voci di possibili alleanze si susseguono, ma ogni singola indiscrezione sembra essere un po’ una voce in mezzo a un deserto che si allarga sempre di più. Non ci sono i soldi e per questa ragione si cerca un socio alternativo ad Air France-Klm. I franco-olandesi, che sono il primo azionista di Alitalia con il 25% delle azioni, non sono in ottime condizioni e molto probabilmente sarebbero disponibili a prendere ulteriori quote azionarie dagli imprenditori italiani, senza però spendere un euro.
Il valore dell’azienda non è infatti molto elevato, dato che nel corso dei primi quattro anni di attività ha bruciato circa un miliardo di euro, vale a dire poco meno di quanto messo all’inizio dall’avventura da tutti gli azionisti. L’arrivo degli orientali di Etihad o della russa di Aeroflot, come prospettato recentemente dal ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, potrebbe portare delle risorse fresche e probabilmente potrebbe essere utile ai vecchi azionisti per spuntare qualche euro. Ma il “coltello dalla parte del manico” lo continuano a tenere i francesi, nonostante le affermazioni del Ministro. Air France-Klm è il primo azionista e le compagnie medio-orientali, russe o cinesi, non potrebbero salire oltre il 49%, poiché vettori extra-comunitari.
Sarebbe quindi una quota non di controllo quella detenuta dagli eventuali cavalieri bianchi e bisogna davvero vedere se siano disposti a mettere sul piatto qualche centinaio di milioni di euro per salvare una compagnia che lentamente sta andando verso l’abisso. Lo scenario aprirebbe una lotta all’interno dell’azionariato e non sarebbe certo quello che serve ad Alitalia in questo momento.
Il piano industriale “Torchio” sembra andare nella giusta direzione perché punterebbe sull’intercontinentale e al contempo nel rendere maggiormente hub lo scalo di Roma Fiumicino. Per fare questo servono due condizioni: risorse fresche per prendere nuovi aeromobili a lungo raggio, che costano almeno 200 milioni di euro per ogni singolo aereo; abbassare le tariffe aeroportuali di Roma Fiumicino.
La prima condizione dipende totalmente dall’azionariato privato di Alitalia, che dovrebbe ricapitalizzare al più presto l’azienda e non limitarsi a prestiti di 150 milioni di euro. In questo caso non sta al Governo indicare quali soci possano essere utili o meno a un’impresa privata. Rispetto alla seconda condizione, invece, il Governo potrebbe agire attivamente. Come ultimo decreto del Governo “cadente” Monti, poco prima di Natale scorso, venne deciso di aumentare di circa 10 euro a passeggero le tariffe aeroportuali di Roma Fiumicino. Non a caso, Gemina, società che controlla Adr (Aeroporti di Roma) il giorno di apertura a Piazza Affari guadagnò il 32% in una seduta con varie sospensioni al rialzo.
Il Ministro Lupi potrebbe agire per rivedere queste tariffe che di fatto distruggono le possibilità di fare hub and spoke da Roma, perché introducono uno svantaggio competitivo per Alitalia. Potrebbe inoltre agire per eliminare l’Iresa, l’Imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili, varata dalla Regione Lazio,che costa ad Alitalia ulteriori 5 euro per passeggero intercontinentale.
Fare pressione su Air France può servire fino a un certo punto, perché poi le decisioni spettano ai soci che hanno messo le risorse. Indicare un partner preferito non è compito del Governo, mentre sarebbe importante agire su quelle leve che l’esecutivo davvero ha in mano.