La Corte costituzionale ha stabilito che la super-tassa sulle pensioni d’oro è illegittima. La sentenza 116/2013 ha cancellato il contributo di solidarietà previsto dalla legge attraverso cui il governo Berlusconi aveva introdotto un prelievo forzoso del 5%, 10% e 15% sulle pensioni superiori a 90mila, 150mila e 200mila euro. La Corte costituzionale aveva già emanato una sentenza analoga per quanto riguarda gli stipendi degli alti funzionari pubblici. Ilsussidiario.net ha intervistato il professor Ugo De Siervo.
Non le sembra assurdo che la sentenza della Consulta impedisca quello che è un provvedimento equo e indispensabile per le casse dello Stato?
La Corte in queste due sentenze, la 223 del 2012 e la 116 del 2013, contesta in modo esplicito che si possa fare solidarietà tra le varie categorie non attraverso lo strumento che è indicato in Costituzione, cioè il sistema tributario, ma attraverso una “scorciatoia”.
Per quale motivo parla di una scorciatoia?
La sentenza della Corte costituzionale del 2012 riguardava una legge che colpiva soltanto il pubblico impiego. In questo caso invece la Consulta si è espressa su “trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie i cui importi superino i 90mila, 150mila e 200mila euro”. L’intervento censurato colpirebbe la sola categoria dei pensionati pubblici ed equiparati, ma non tutti i contribuenti che si sono ritirati dal lavoro.
Quale è il principio affermato dalla Consulta con questa sentenza?
Il principio che ha voluto riaffermare la Corte è che l’imposizione fiscale va attuata sul reddito complessivo, di cui una parte può essere costituita dalle pensioni, ma anche per esempio da investimenti finanziari e immobiliari. Poniamo che io abbia investito una cifra rilevante in Bot, e lo Stato abbia bisogno di porre in essere delle politiche di sostegno ad altre categorie. Ciò che può fare è aumentare l’aliquota contributiva . Ciò deve valere però per tutti i redditi, e non solo sulle pensioni d’oro. Ma vorrei farle un altro esempio …
Prego …
Poniamo che una persona, oltre a ricevere una pensione, svolga anche un lavoro. Trovo paradossale che non paghi nulla di più sul lavoro, e che il prelievo si effettui soltanto sulla pensione. Altra cosa è dire che le pensioni pubbliche sono troppo alte, e che quindi va modificato il meccanismo che le alimenta. In questo modo sarebbe possibile produrre effetti a lungo termine, anche se non in modo immediato. La Corte afferma con molta nettezza che se lo Stato ha bisogno di imposte, deve usare lo strumento tributario così come è disciplinato dalla Costituzione.
Che cosa afferma la Costituzione su questo punto?
La carta fondamentale dello Stato dà due direttive: tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della capacità contributiva; il sistema tributario è informato a criteri di progressività. L’oggetto cui si applicano le imposte è la somma di tutti i redditi: le pensioni, il lavoro, il reddito immobiliare e quello finanziario. Il Parlamento può poi decidere di applicare aliquote maggiori ai redditi maggiori, e aliquote più leggere su quelli minori. E’ questo il meccanismo corretto per tassare i cittadini, e non invece quello di prendere una categoria e tartassarla in modo isolato.
Senta ma secondo lei che cosa c’è veramente dietro questa sentenza? Non sembra anche a lei che nelle parole della Corte costituzionale ci sia quasi un “non detto” …
Sì, è così. Il “non detto” è il dubbio che la legge sulle pensioni d’oro sia il frutto di qualche campagna di tipo anti-categorie. Per esempio, di un certo modo di pensare secondo cui è soltanto l’alta burocrazia si avvantaggia ai danni dei poveri, e quindi vanno abbassate le pensioni o la retribuzione dei funzionari pubblici. Ma ammesso che esista questo problema, lo si risolve calcolando in modo diverso le pensioni o gli stipendi. Non lo si fa a posteriori, con una legge che esenta i commercianti, gli imprenditori e i lavoratori privati. Altrimenti si rischia di cadere in soluzioni demagogiche.
(Pietro Vernizzi)