Si è chiusa ieri l’asta per l’inoptato di Rcs: un pacchetto che vale l’11% del capitale. Ignoto chi sia il compratore (si può parlare al singolare dato che si sa che è un unico soggetto). I rumors delle ultime ore dicono che si tratti di un hedge fund straniero. Non ci sarebbero quindi di mezzo quelli che sembravano gli sfidanti nella guerra per il Corriere: Fiat e Diego Della Valle, nonostante quest’ultimo avesse la scorsa settimana espresso la volontà di accaparrarsi proprio l’inoptato. Estranei ai fatti paiono anche Andrea Bonomi e Matteo Arpe. Tra le voci, poi smentite, anche quella che ad acquistare l’11% di Rcs fosse stato il tycoon australiano Rupert Murdoch. Chi è allora il “Mister X”  che vuol mettere le mani su una quota così importante? Ilsussidiario.net ha intervistato Gianni Gambarotta, giornalista economico.



Che cosa se ne farebbe un hedge fund straniero delle azioni di Rcs? Secondo lei, chi c’è dietro questa operazione?

Quanto è avvenuto si spiega con il fatto che l’hedge fund ha sentito odore di battaglia e ha acquistato le azioni con l’idea di venderle al miglior offerente. Gli hedge fund in passato hanno speculato contro le valute e contro le società, non mi stupisce che facciano altrettanto con Rcs.



Quale sarebbe il vantaggio di questa operazione?

Il vantaggio è quello di guadagnarci dei soldi. In pratica è stato messo insieme un pacchetto che può essere decisivo per consegnare la vittoria nella battaglia tra Fiat e Della Valle, per poi venderlo al miglior offerente. Non credo invece che l’operazione di ieri possa essere definita un portage.

Cioè?

Il portage si verifica quando un soggetto non vuole apparire e dà incarico a qualcuno di comprare un pacchetto di azioni al suo posto. In questo caso al contrario ci vedo soltanto un operatore che punta ad avere un ritorno economico.

E’ vero che in Rcs c’è odore di battaglia, ma c’è anche una serie di licenziamenti in vista e una situazione finanziaria non proprio florida…



Chi in Italia vuole il controllo de Il Corriere della Sera e del gruppo Rizzoli lo fa esclusivamente in un’ottica politica. Si tratta di un’azienda che come tutto il settore editoriale non è più remunerativa. Oltretutto Rcs si è indebitata a dismisura con le operazioni spagnole, e quindi non è un business. La Fiat forse vuole avere un controllo di via Solferino perché nella sua ritirata dall’Italia le serve avere uno strumento di pressione. Il Corriere della Sera è un giornale che da sempre orienta e influenza l’opinione pubblica.

 

Le voci di un possibile ingresso di Murdoch sono fondate?

No. Quando Murdoch acquista lo fa per comandare, non è nel suo stile andare a fare il secondo o il terzo azionista. Non lo ha mai fatto, ed escludo che venga a farlo proprio in Italia al seguito di Fiat, Della Valle, Mediobanca e dei nostri salottini.

 

Che cosa ne pensa invece del fatto che Della Valle ha prima annunciato che sarebbe salito al 20% di Rcs, salvo poi smentirsi?

Quanto ha fatto Della Valle è un fatto gravissimo, una vera e propria turbativa di mercato. Si tratta di un’operazione che in un altro Paese sarebbe stata sanzionata da un organo di controllo della Borsa, soprattutto nei confronti di un titolo che si definisce “sottile” come Rcs, cioè che ha poco flottante. Tanto è vero che il grafico di Borsa di Rcs ha avuto degli sbalzi impressionanti.

 

Per quale motivo Della Valle ci ha ripensato e ha deciso di non comprare?

Il fatto è che in questa vicenda sono saltati i nervi a tutti i protagonisti. Il nostro capitalismo dimostra anche in queste cose di non essere particolarmente valido e di non avere la lucidità indispensabile in queste circostanze. Non condivido del resto che un’azienda di automobili in difficoltà, che perde tutti i giorni quote di mercato, investa soldi in un giornale. Per non parlare di Della Valle che è arrivato a scrivere una lettera al presidente Napolitano. Quando si tratta di società quotate in Borsa chi le vuole avere le deve comprare, mentre non ha senso invocare un intervento del Presidente della Repubblica in nome della difesa della libertà di stampa.

 

(Pietro Vernizzi)