La fotografia dell’Italia è un’istantanea che, un tempo, avremmo definito plastica: è tutto davanti a noi. Anche un bambino lo capisce, avrebbe detto il vecchio rivoluzionario di Treviri, Karl Marx. Allora, vediamo alcuni fatti. Perché sono i fatti quel materiale che ci interessa, i giudizi a monte e a valle dei “tecnici” ci servono come la carta del giornale, dopo la lettura: ci incartiamo le uova. Con tutto il rispetto, s’intende, non sia mai che lediamo la maestà di cotanti giganti, capaci di condurre, senza colpo ferire e senza proferire una – dico una – sola parola di autocritica, per dirla all’antica; niente, è come l’alluvione, quando non ci puoi fare niente: la tecnica al comando va oltre Heidegger. Per il filosofo tedesco, la tecnica non pensa, ma funziona. Oggi possiamo dire: la tecnica non pensa – e questo è pacifico – e neanche funziona.



Ecco, questi tecnici hanno diffuso l’illusione di essere una solida élite al comando; invece, i fatti, testardi e cocciuti, si incaricano di smontare questo cliché falso e francamente – oggi – sgradevole. I fatti, allora. Veniamo a sapere che l’evasione fiscale ha succhiato qualcosa come 500 miliardi in circa 10 anni, un quarto del Pil. E poi tutti a ragionare di crescita del Pil, naturalmente. È chiaro: a nessuno viene in mente che lo Stato si regga sui poveri cristi e che detti soggetti paganti – eccome – si ritrovano sul groppone un Leviatano che comanda, impone tasse e imposte, manda avanti la polizia giudiziaria (ha ragione Berlusconi, non c’è niente da fare, signori, dobbiamo guardare in faccia la realtà) e intanto sfascia il giocattolino, che poi sarebbe la sua stessa carne. Non basta.



A nessuno viene in mente che più del 50% di tassazione è da Unione Sovietica e che – studiate e un po’ di coraggio, politicanti cattolici – San Tommaso d’Aquino aveva sentenziato che oltre il 33% di tasse è tirannide fiscale e politica: abbiamo un Aquinate – XIII secolo – liberale e una truppa di politici o sedicenti tali, anche di marca cattolica, che non muove un dito su questo vero e proprio dispotismo legale organizzato dalle corporazioni, che poi succhiano a più non posso dalle casse del Leviatano, tanto ingordo quanto impotente. Lo Stato non sa amministrare i soldi che incassa e non sa fare investimenti: è un fatto, siamo alla canna del gas, da questo punto di vista. Non è questione di leghisti o libertari, contra factum non valet illatio, tutto qua.



Dunque, lo Stato è fallito. E ha fallito il suo compito storico, visto che ha annientato se stesso, nella forma di welfare state. Ecco il dato. Al ballon d’essai delle élite immaginarie non poteva mancare, naturalmente, la struttura di potere delle banche, perché questo sono oggi le banche, un potere di controllo sui soggetti, dato che, non facendo più le banche, cioè non rischiando più del proprio per favorire lo sviluppo dell’altro, cosa fanno? Ingrassano con i tassi di interesse sui conti e sui debiti, caricando sugli insolventi tassi crescenti.

Anche il sistema bancario è fallito e ha fallito la sua missione storica. Il presidente dell’Abi pretende rispetto per le banche: il rispetto si guadagna sul campo, non esiste il pasto gratis, esattamente come per voi non esiste il debitore buono, dunque dimostrate di essere all’altezza della grave crisi sociale collettiva, oppure non ce n’è per nessuno.

Ecco questa è l’Italia di oggi, la terra desolata, che ha ancora un popolo meraviglioso, che sopporta uno Stato come quello descritto, classi dirigenti che sono sostanzialmente digerenti, e perfino il predicozzo dei banchieri: più di così, se mòre. E, infatti, non pochi, come sappiamo, muoiono.