Il governo si è dato tempo fino alla fine del mese di agosto per riformare la fiscalità nell’ambito della casa.

Dall’inizio della crisi il numero delle compravendite si è praticamente dimezzato: dalle 800mila transazioni del 2006 sono passate a poco più di 430mila nel 2012. Così sono diminuite le entrate per lo Stato. E nel 2013 la situazione sta ancora peggiorando. Sul blocco delle compravendite pesa sopratutto la crisi del lavoro, l’incertezza sul futuro, la scarsa “bancabilità” dei giovani che non hanno un lavoro stabile e redditi adeguati, la diminuita domanda di acquisto da parte delle famiglie immigrate, le maggiori difficoltà da parte delle banche nella concessione dei mutui e gli spread elevati.



Alla fiscalità che grava sugli atti di compravendita, dall’anno scorso si è aggiunta l’Imu che ha rimpiazzato l’Ici. Poche tasse sono così odiose come l’Imu. Non parlo solo di quella, al momento soltanto sospesa, sulla prima casa, ma anche di quella che grava sui capannoni, sulle case date in affitto, sui terreni edificabili, sulle case sfitte e sugli immobili da ristrutturare. È odiosa perché si basa sulle rendite catastali: e tutti sanno che le rendite catastali sono inique. Poi è un’imposta che frena lo sviluppo perché se l’Invim di un tempo tassava l’incremento di valore degli immobili, l’Imu, oltre a gravare di costi i luoghi ove si svolgono attività lavorative o dove abitano le famiglie, colpisce gli immobili in un momento nel quale il loro valore sta scendendo. Anche per questo è un’imposta mal tollerata.



Nel riformare la fiscalità il legislatore dovrebbe muoversi nella direzione di favorire l’inclusione sociale, cioè l’acquisto o la locazione di alloggi nell’ambito della prima casa, semplificando la normativa ed eliminando i privilegi. Poi dovrebbe favorire il recupero delle ampie zone delle nostre città mal costruite e gli edifici degradati o non rispettosi delle norme in materia di sicurezza o realizzati in zone improprie.

Essendo l’edilizia il settore più colpito, o tra i più colpiti dalla crisi, ci sarebbe bisogno di un alleggerimento complessivo della fiscalità e non una mera riforma a parità di entrate fiscali per lo stato. Modificare alcune tassazioni vuol dire scontentare qualcuno ed esporsi a critiche, ma è necessario interrompere questo pericoloso trend di avvitamento delle compravendite favorendo nel contempo l’accesso alla prima casa e rilanciando l’occupazione in edilizia con la riqualificazione del patrimonio abitativo esistente.



Attraverso quali proposte? Nella prossima puntata entreremo in merito in modo più puntuale.

 

(1- continua)