Le banche americane fanno più prestiti alle imprese e ottengono utili più elevati di quelle europee. E’ quanto emerge da un’analisi curata da R&S-Mediobanca sui principali istituti di credito internazionali. Prendendo in considerazione i bilanci 2012, emerge che, per quanto riguarda le banche europee, i finanziamenti alla clientela nel 2012 sono calati dell’1,7% e i finanziamenti interbancari del 7,8%. Al contrario, le banche statunitensi hanno finanziato imprese e famiglie con un aumento del 4,1% degli impieghi. Ilsussidiario.net ha intervistato Francesco Confuorti, Amministratore delegato di Advantage Financial.



A cosa sono dovute le differenze negli andamenti delle banche europee ed americane?

Le banche americane hanno ottenuto dei prestiti in forma di partecipazione al capitale, e li hanno utilizzati sia per fare partire l’economia, sia per creare un circolo virtuoso. Le istituzioni europee, al contrario, non sono intervenute sulle banche in maniera diretta, ma lo hanno fatto in modo ibrido e senza presentare alcuna richiesta chiara alle banche. Le banche europee, che hanno un fattore di rischio molto più alto, e che non hanno fatto pulizia dei bilanci come quelle americane, hanno ancora i bilanci sfalsati. Alla radice del problema c’è il fatto che mentre le banche Usa hanno utilizzato i soldi per fare il loro mestiere, quelle europee li hanno usati per prestarli alla banca centrale.



All’origine c’è anche una differenza di economia reale?

Il punto riguarda l’impostazione dell’economia. Quella americana è più flessibile, mentre gli europei cercano sempre di rimandare il problema e gli italiani ancora di più. Le banche europee hanno erogato credito a imprese con i conti in passivo, come Parmalat e Alitalia, quelle americane a chi ne ha merito. Oltretutto quello americano è un mercato che si basa sul concetto dell’accountability, cioè sul fatto di dovere rendere conto delle proprie azioni, a differenza dell’Europa dove questa idea non esiste. Non a caso le banche europee che hanno fatto meglio sono quelle inglesi, che sono le più simili a quelle americane come impostazione di pensiero.



Si può parlare di uno scontro in atto tra banche americane ed europee?

No, piuttosto c’è una differenza di fondo: gli americani sanno fare banchieri, gli europei i bancari. I primi cioè scelgono il rischio e le opportunità, i secondi cercano soltanto di preservare le loro sicurezze. Le banche americane sono abituate a rendere conto a tutti gli stakeholder, siano essi investitori, clienti o dipendenti. In Europa, al contrario, non esistono questi obblighi perché la maggior parte delle aziende bancarie, a prescindere dal fatto che siano private o pseudo-private, sono gestite in modo pubblico. Il supporto politico prende quindi il sopravvento rispetto alla necessità di fare il proprio lavoro e di impegnarsi nel mercato di riferimento.

 

Che cosa si può fare per ridare una scossa alle banche europee? Ritiene possibile creare una bad bank?

Le banche europee non vanno scosse ma scuotono. Sono state loro a scuotere l’economia, perché non hanno mai avuto una politica pro-crescita e pro-business. Nella maggior parte dei casi le banche europee hanno erogato prestiti ad aziende legate allo Stato, e mutui garantiti. Non hanno mai veramente finanziato la piccola e media azienda e l’imprenditoria.

 

Avrebbero dovuto erogare prestiti ad aziende che non erano in grado di restituirli?

Ovviamente le banche devono fare credito a quanti lo meritano. E’ però anche vero che, soprattutto in Italia, i soldi sono stati prestati proprio a cattive aziende che non potevano restituirli, mentre si è opposto un rifiuto a chi aveva una visione di ampio respiro e si assumeva dei rischi.

 

Che cosa non funziona nel sistema bancario del nostro Paese?

Il Tesoro “controlla” le fondazioni, le fondazioni nominano i presidenti delle banche, quindi politica e banche in Italia sono un tutt’uno. In Italia le aziende che non sono politiche sono ai massimi storici sui valori di mercato, basta vedere che cosa sta succedendo alla moda e alla meccanica. Il problema delle banche, specialmente in Italia, è che sono gestite indirettamente, ma in maniera molto invasiva dalla politica. Il settore bancario non risponde a dei criteri di mercato, e quindi l’esigenza di fare mercato non gli appartiene.

 

(Pietro Vernizzi)