A poche ore dal discorso di Enrico Letta, in cui il premier ha annunciato una “lotta senza quartiere” all’evasione fiscale, emergono nuovi allarmanti dati da una recente ricerca sulle determinanti dell’economia sommersa a cura dell’Ufficio Studi Confcommercio. Nel 2012-2013, si legge, il sommerso economico in Italia è al 17,4% del Prodotto interno lordo (Pil), una percentuale che porta l’imponibile ogni anno sottratto al Fisco a 272 miliardi di euro. Il livello del sommerso in Italia è ancora una volta tra i più alti delle economie avanzate: in Messico vale l’11,9% del Pil, in Spagna il 9,5%, nel Regno Unito il 6,7%, negli Stati Uniti il 5,3%, in Svezia e in Austria il 4,7% e in Francia il 3,9%. Tra i dati più bassi vi sono Irlanda (3,3%), Belgio (2,7%), Canada (2,2%) e Danimarca (1,9%), mentre in Australia, Olanda e Norvegia l’economia sommersa è sotto l’1% del Pil. La conseguenza di questi numeri è che la pressione fiscale va inevitabilmente a scaricarsi su una fetta minore della popolazione: attualmente, secondo Confcommercio, la pressione fiscale effettiva (cioè il gettito osservato in percentuale di Pil emerso) si attesta al 54%, mentre quella apparente è invece al 44,6% del Pil nel 2013. Anche in questo caso, l’Italia è ai primi posti tra le principali economie, seguita da Danimarca (51,1%), Francia (50,3%), Belgio (49,3%), Austria (46,8%), Svezia (46,7%), Norvegia (42,3%), Olanda (40,8%), Regno Unito (40,4%), Spagna (36,7%), Australia (34,8%) e Canada (31,9%). Chiudono la classifica Irlanda (28,4%) Stati Uniti (27,9%) e Messico (26,2%).



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