«Dopo la condanna di Berlusconi per il processo Mediaset, la questione dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa è diventata puro cherosene. Il Pdl ha fatto la sua scelta, che è quella di andare verso la campagna elettorale. Se l’obiettivo è però il rilancio della nostra economia, non posso essere d’accordo con la posizione di Berlusconi». Lo afferma il giornalista economico Oscar Giannino, aggiungendo che «la vera priorità non è l’Imu, ma la riduzione delle imposte sul lavoro e sull’impresa. Venti anni di abbattimento della crescita italiana sono costellati esattamente da errori come quello che sta facendo Berlusconi in questo momento». Ieri il Cavaliere è intervenuto affermando che l’abbattimento dell’Imu sulla prima casa “è un impegno che abbiamo preso nel’ultima campagna elettorale, lo stesso che è alla base del governo di larghe intese”. A stretto giro la replica del viceministro dell’Economia, Stefano Fassina: “Adempiere alla promessa berlusconiana vuol dire, nell’Italia 2013, costretta nei vincoli di bilancio pubblico, rassegnarsi all’aumento dell’Iva”.
Qual è il significato politico delle nove ipotesi sull’abbattimento dell’Imu pubblicate dal ministero dell’Economia?
Il ministro Fabrizio Saccomanni si è trovato su un terreno sempre più stretto. Dietro a un rispetto formale che Brunetta ha anticipato in occasione delle cabine di regia, sulla questione dell’Imu il Pdl inizia a scalpitare. Il protrarsi nel tempo di una soluzione sulla questione dell’Imu faceva innervosire il Pdl già da alcuni mesi, ma dopo la sentenza della Cassazione che ha condannato Berlusconi la questione della tassa sulla prima casa è diventata cherosene puro.
Proprio sull’Imu si è registrato un secco botta e risposta tra Berlusconi e Fassina. Chi dei due ha ragione?
Il botta e risposta Berlusconi-Fassina appartiene alla politica. Fassina tiene alti i toni anche guardando al suo partito, mentre Saccomanni e Letta cercano come sempre una via intermedia. La mia idea, fin da prima della campagna elettorale, è che la proposta di abrogazione secca dell’Imu sulla prima casa sia una posizione economicamente difficile da sostenere, alla luce degli effetti sull’abbattimento della crescita italiana prodotti da ben altre imposte. Berlusconi e il Pdl ne hanno fatta però una grande bandiera elettorale.
È una promessa che può essere mantenuta?
La via intermedia di Letta e Saccomanni punta a vedere i margini veri che si hanno sul bilancio e quanto di questa richiesta potranno accontentare. Resta il fatto che più si taglierà l’Imu, meno avremo margini per interventi su altre imposte la cui riduzione avrebbe conseguenze molto più benefiche. Pdl e Berlusconi non ne vogliono però sentir parlare, perché hanno fatto un’altra scelta, quella elettorale, e si preparano a una nuova campagna in vista del voto. I 20 anni italiani di abbattimento della crescita rispetto a tutti gli altri partner sono costellati esattamente da questo tipo di errori.
Cioè?
Cioè non si guardano gli effetti concreti delle bandiere elettorali e non si pensa neppure a tradurle in fatti concreti. E così si contribuisce ancora di più a diminuire il nostro tasso di crescita.
Quale dovrebbe essere la vera priorità al posto dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa?
La vera priorità è la riduzione delle imposte sul lavoro e sull’impresa. Letta ha giustamente messo le mani avanti affermando che non ci sarà una ripresa dell’occupazione. L’Ocse due settimane fa ha pubblicato un report sull’occupazione nel 2013-2014, da cui si evince che l’Italia rimarrà a un 12% di disoccupazione anche l’anno prossimo. Con i tassi di crescita vicini prossimi allo zero che ci attendono ci vorranno anni e anni prima di ripristinare la situazione del 2007, quando avevamo comunque 1,5 milioni di disoccupati. Quando si parla di prelievo fiscale questa è la questione fondamentale. Se ci sono dei margini grazie alla disciplina di bilancio, bisogna incanalarli verso interventi che siano soprattutto quelli su lavoro e impresa.
Saccomanni ha proposto nove possibili soluzioni per abbattere l’Imu. È un escamotage per non essere costretto a scegliere?
La mia impressione è che Saccomanni, d’accordo con il premier Letta, prima della pausa estiva abbia preferito dare pubblicità alle diverse ipotesi tecniche studiate dal ministero, per fare capire al Pdl qual è l’aria che tira. In altre parole, il ministero dell’Economia non è affatto convinto dell’opportunità di un intervento di secca abrogazione dell’Imu sulla prima casa. Con le nove ipotesi Saccomanni ha dato una risposta tecnica, ma la mia sensazione è che si tratti di preparare una soluzione consapevole della richiesta del Pdl, ma che abbia anche una certa logica economica.
Tra le nove soluzioni proposte quale la convince di più?
Il criterio che preferisco è quello di intervenire sul totale del gettito da imposizione immobiliare, identificando le imposte la cui riduzione dà le maggiori probabilità di accrescere il prodotto potenziale a breve. Su questo punto c’è una convergenza schiacciante da parte di tutte le scuole economiche.
In che modo applicherebbe concretamente questo criterio?
Se si adotta questo criterio, l’abbattimento dovrà concentrarsi soprattutto sui beni strumentali d’impresa, e cioè sui capannoni. Tra queste nove ipotesi è quella che parla della deducibilità dell’Imu dall’imposta sui redditi, e cioè Ires e Irpef. È questa la soluzione veramente prioritaria rispetto a tutte le altre, che non copre affatto il totale di aggravio che con l’Imu è avvenuto rispetto all’Ici sulle imprese. Da questo punto di vista in molti si dimenticano del fatto che l’aggravio per le imprese è stato fenomenale.
Di quanto è stato esattamente questo aggravio per le imprese?
Rispetto all’Ici, il cui gettito era di 12,5 miliardi, con l’Imu siamo passati a quasi 24 miliardi di euro. I maggiori aggravi con il passaggio dall’Ici all’Imu sono quelli che hanno riguardato i piccoli esercizi commerciali, cioè i negozi, pari a 1,1 miliardi di euro in più, gli uffici e gli studi privati, pari a 890 milioni in più, e gli immobili a uso produttivo, pari a 2,4 miliardi in più. Intervenendo su queste tre categorie scaturirebbe quindi il maggior vantaggio economico per alzare l’output potenziale, e cioè occupati e imprese. Peccato però che il Tesoro abbia dovuto annacquare questa soluzione sotto forma di diverse ipotesi il cui risultato è stato quello di essere dei pallidi compromessi.
(Pietro Vernizzi)