Entro il 31 agosto andrà trovata una soluzione sull’Imu e una delle ipotesi che sta prendendo corpo in questi giorni è di eliminare l’odiata tassa sulla prima casa per dare vita alla service tax. Ma che cos’è la service tax? È stata presentata come un’imposta locale usata in altri paesi, come il Regno Unito. Tuttavia, lì in verità si chiama council tax. Si tratta di una tassa introdotta negli anni ’90 che serve per pagare i servizi locali (che arrivano fino a quello di pubblica sicurezza). La base imponibile della council tax è costituita dal valore degli immobili. Nel 2011, l’ammontare medio dell’imposta in Inghilterra è stato di poco inferiore a 1.200 sterline, pari a circa 1.400 euro. La particolarità è che la tassa viene versata da chi effettivamente utilizza i servizi locali, quindi non per forza il proprietario, ma chi occupa l’appartamento. Sono poi previste delle esenzioni, specialmente per le case inoccupate (anche da chi non vive più in appartamento perché deve farsi curare in ospedale). E sconti in caso di abitanti disabili. Oppure single. In quest’ultimo caso, infatti, si ritiene che un solo cittadino richieda meno servizi (producendo meno rifiuti, per esempio). In ragione di ciò, paga il 25% in meno. La service tax è stata comunque criticata perché non tiene conto del reddito delle persone che devono pagarla, ma utilizza come base imponibile solo il valore dell’immobile, con il rischio di essere quindi un’imposta regressiva.



In Italia, l’idea sarebbe quella di rinunciare alla prima rata dell’Imu (2,4 miliardi di euro) per poi introdurre la service tax che dovrebbe accorpare la Tares (la tassa sui rifiuti che sostituisce la Tarsu) e la seconda rata. Secondo il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, l’importo di questa nuova tassa sarà inferiore alla somma delle due che andrà ad accorpare. Per questo il Governo dovrebbe comunque trovare delle coperture, oltre a quelle che servono a cancellare la prima rata Imu. Ma come funzionerà la service tax? Questo è un punto decisamente poco chiaro, perché bisognerà innanzitutto decidere se dovranno pagarla i proprietari piuttosto che gli inquilini (come avviene nel Regno Unito); se farla pagare in base ai mq dell’appartamento o in base al numero degli occupanti; se prevedere degli sconti per i single piuttosto che per le famiglie numerose; se farvi rientrare qualche altra tassa oltre a Imu e Tares. Sciolti questi dubbi resterebbe comunque il nodo circa la distribuzione dei proventi di questa tassa tra Comuni e Stato. Senza dimenticare la possibile discrezionalità delle aliquote. Insomma, il rischio è quello di cancellare l’Imu, ma non di liberarsi dall’incubo di una tassa dall’importo incerto.

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