Cala lo spread, addirittura sotto quota 240 punti base. Buon segno. Ho ascoltato i pareri di molti giornalisti ed economisti nel pomeriggio di ieri, su varie emittenti all-news, e tutti concordavano su un fatto: il calo del nostro differenziale nei confronti del Bund era frutto del combinato disposto di acquisti sul nostro decennale e vendite di titoli di Stato tedeschi. Insomma, lo spread si muove al ribasso anche e soprattutto perché sui mercati si vende debito tedesco. Sarà vero? In parte sì, ma non tanto da giustificare un trend ribassista come quello che sta conoscendo il nostro differenziale in queste ore. E d’altronde, come potrebbe essere altrimenti. L’Italia non sconta forse più il “rischio Paese”, essendo il debito salito ancora a 2075 miliardi di euro? L’economia reale migliora? No. Si è deciso qualcosa su Iva e Imu? No. Le banche non hanno più sofferenze all’8,6% del totale e 370 miliardi di titoli di Stato italiani in pancia? No, tutto uguale. Le Pmi hanno visto aumentare gli ordinativi e l’erogazioni di credito? No. La disoccupazione è calata? No.



Quindi, al netto dell’aumento marginale dei rendimenti del Bund, come si spiega un calo del genere? Semplice. I carry-traders, coloro i quali fanno soldi speculando sui tassi, stanno sfruttando la debolezza dello yen (-2% sul dollaro a livello settimanale a 98,124, con l’indice Nikkei che martedì mattina ha chiuso in rialzo dello 2,75% proprio per il deprezzamento della valuta nipponica su euro e biglietto verde) e scaricano bond ed equities statunitensi per gettarsi nel mercato obbligazionario dei paesi periferici dell’Ue, che pagano rendimenti comunque più alti di quelli Usa, nonostante il calo degli spread che sta facendo gridare tutti al miracolo. Non a caso, una volta rotto il tasso di cambio di 97,75 dollaro/yen, l’indice S&P’s 500 di New York ha conosciuto un calo, da 1693 a 1984 punti, poi controbilanciato dal dato sulle scorte industriali rimaste invariate e il rendimento del Treasury a 30 anni è passato dal 3,69% al 3,74%, mentre lo spread del Bonos spagnolo scendeva – in contemporanea – da 275 a 266 punti base.



E la Borsa, direte voi? E i titoli bancari? Abbassandosi lo spread, sale il valore-prezzo dei nostri bond, detenuti dalle banche italiane per la modesta cifra di 370 miliardi di euro. Ergo, i titoli bancari corrono – ieri Mps ha toccato il +8%, avendo in bilancio qualcosa come 29 miliardi di bond italiani – e il Ftse Mib sale, visto il peso del comparto bancario sul listino milanese. “The great japanese rotation”, come la chiamano nelle sale trading. Ma attenzione, è di ieri anche la conferma del fatto che il Tesoro italiano non potrà diminuire le emissioni di titoli di Stato. A differenza di quanto avvenuto negli anni scorsi a seguito di un elevato funding già ad agosto, una fonte governativa ha detto all’agenzia Reuters che l’Italia non sarà in grado di ridurre le emissioni a partire dall’autunno per il resto dell’anno, perché dovrà affrontare i pagamenti dei debiti della Pubblica amministrazione e per via dell’incertezza legata al versamento dell’Imu sulla prima casa. «Siamo a buon punto e siamo contenti. Negli anni passati con una situazione simile si era potuto ridurre le emissioni autunnali. Ma quest’anno è diverso», ha dichiarato la fonte, sottolineando che è stato centrato all’80% il target di rifinanziamento a medio-lungo termine per il 2013.



Sempre ieri, invece, il segretario generale del Tesoro spagnolo, Inigo Fernandezde Mesa, ha detto che dal prossimo settembre la Spagna ridurrà l’ammontare delle emissioni di circa il 30%, perché ha già raccolto il 76% del suo fabbisogno totale di finanziamento per quest’anno, pari a 121,3 milioni di euro. Insomma, potrebbe trattarsi di uno spostamento dall’estate all’autunno, ma una cosa è certa: nel calo del nostro spread di questi giorni non c’è proprio nulla di strutturale. Anzi, la speculazione muove le sue pedine e prende tempo. Per ora ne stiamo beneficiando, grazie all’immensa liquidità giapponese in cerca di rendimenti che ruota dalle equities Usa verso l’obbligazionario periferico dell’Ue, ma se il 1° settembre il governo non avrà trovato una soluzione chiara su Iva e Imu da comunicare ai mercati, allora lo spread potrebbe invertire la marcia. E anche repentinamente. Con tutto quanto ne consegue per i bilanci delle nostre banche e le emissioni di nuovi titoli di Stato.

Non credete a ciò che ho scritto? Bene, guardatevi i grafici qui sotto e ditemi se può essere tutta una coincidenza.