Dunque, stando a un documento interno della Bundesbank pubblicato domenica scorsa dallo Spiegel, «l’Ue sicuramente troverà un accordo per un nuovo programma di aiuti per la Grecia al più tardi all’inizio del 2014». Inoltre, per la banca centrale tedesca «non c’è più un cuscinetto privato a disposizione che potrebbe proteggere i contribuenti europei». Insomma, niente swap obbligazionario con haircut, servirà un’altra strada. Per finire, la Bundesbank avrebbe definito gli sforzi posti in essere dal governo greco «difficilmente descrivibili come motivo di soddisfazione». Come vi ho anticipato martedì, nulla che voi non sapeste già. Ora, però, viene un dubbio: chi ha necessità della certezza di un governo di grande coalizione in Germania? Già, perché timing peggiore per la Merkel lo Spiegel non poteva sceglierlo: a poco più di un mese dal voto politico e ancora saldamente in vantaggio sul candidato della Spd, la Cancelliera ha infatti sempre negato decisamente che la Grecia avrebbe avuto bisogno di altri aiuti e il potente ministro delle Finanze, Wolfgang Schauble, in visita poche settimane fa ad Atene, aveva lodato gli sforzi e i risultati ottenuti dall’esecutivo guidato da Samaras. Insomma, lo Spiegel ha tirato un gran brutto colpo alla Merkel e fornito un assist perfetto all’opposizione: cui prodest? E poi se c’è un’istituzione ermetica questa è la Bundesbank, quindi se un documento a uso interno è finito nelle mani di un giornalista è perché ce l’hanno fatto finire, con tanto di cartellina plastificata.



Ora, al netto delle guerre interne, anche Michael Hewson, analista senior di CMC Markets, ammette che «un timing di pubblicazione peggiore per la Merkel non poteva esserci. Detto questo, se i tedeschi pensano davvero che la Grecia non avrà bisogno di un altro salvataggio, allora stanno prendendo in giro loro stessi e vivendo nel mondo di “Alice nel paese delle meraviglie”. Questa è la realtà, qualsiasi cosa possano pubblicamente dire i loro leader». E ancora: «La Merkel ha pesantemente silenziato ed escluso l’ipotesi di un nuovo salvataggio o di misure di alleggerimento sul debito, dicendo che non sarebbero stati più spesi e sprecati soldi dei contribuenti. Chiunque con semplici nozioni base di matematica, non può credere però a queste parole». La Merkel, quindi, rischia di finire sotto il fuoco dell’opposizione con l’accusa di aver scientemente mentito e negato la realtà per scopi meramente elettorali.



Fatti suoi, francamente. La cosa che mi preoccupa, invece, è ciò che la Bundesbank ha detto chiaro e tondo: «Non c’è più un cuscinetto privato a disposizione che potrebbe proteggere i contribuenti europei». Beh, in contemporanea allo scoop a mio avviso concordato tra Buba e Spiegel, domenica scorsa, un’altra notizia riguardante la Grecia faceva capolino da Oltreoceano, non suscitando però lo stesso scalpore. Quelle che vengono definite “vittime” del primo salvataggio greco, ovvero i creditori privati che hanno subito l’haircut sulle proprie detenzioni di debito ellenico, potrebbero ora dar vita a una class action, sia negli Usa che in Europa, dopo che nel weekend è stato siglato uno storico accordo tra due importanti studi legali statunitensi. Grant&Eisenhofer, leader nella tutela legale degli investitori Usa, ha infatti deciso un alleanza con lo studio Kyros Law di Boston per aiutare gli investitori a trascinare in tribunali greci – ma anche americani – i responsabili delle loro perdite, legate interamente allo swap. E non pare affatto una sparata, visto che la Kyros Law ha aperto un nuovo ufficio ad Atene che sta già prendendo visione e coordinando le richieste di risarcimento di migliaia di detentori obbligazionari ellenici, costretti a un haircut upfront del 53,5% sui loro investimenti nel programma di ristrutturazione del debito greco detenuto da creditori privati nel 2012. Un’operazione (PSI, Private Sector Involvment) che permise sì al governo di Atene di abbattere il debito di 110 miliardi di euro, ma che fece infuriare gli investitori contro governo ellenico, banche e istituzioni finanziarie coinvolte nella vendite di bond.



E lo studio Grant&Eisenhofer non scherza quando si parla di tutela degli investitori, visto che costrinse con le sue battaglie legali a cospicui pagamenti prima la Shell – 500 milioni di dollari – per aver truccato al rialzo i dati delle riserve di petrolio e poi la Parmalat, recuperando per i truffati da Tanzi e soci 110 milioni di euro. John Kyriakopoulos, che sovraintende alle pratiche di Kyros ad Atene, conferma che «lo studio Grant&Eisenhofer ha assicurato negli anni numerosi risarcimenti per i suoi clienti e con importi record. La nostra nuova collaborazione è un passo storico nel miglioramento e nella tutela dei diritti degli investitori in Grecia, i quali negli ultimi anni sono stati massacrati e ora hanno delle strade o anche autostrade per potersi riprendere quanto loro dovuto». E Kyriakopoulos conosce bene l’ambiente dove andrà a operare, visto che è l’ex capo dell’Hellenic Pension Mutual Fund Management Company e proprio per questo suo passato professionale lo scorso maggio è stato assunto per guidare una class action contro la National Bank of Greece da parte dell’Ospa, il sindacato che rappresenta 3mila lavoratori della linea aerea Olympic Airlines. Questi ultimi hanno trascinato in tribunale la banca per rivalersi su alcuni strumenti di investimento strutturati che contenevano al loro interno il 70% in bond governativi ellenici e che hanno visto dimezzarsi il loro valore dopo il salvataggio del 2012.

E sempre John Kyriakopoulos fa notare come, avendo una trentina di lavoratori la doppia cittadinanza, questo potrebbe aprire le strade a class action anche di fronte a Corti di giustizia straniere, oltre a quella già intentata ad Atene. Di più, migliaia di investitori stanno unendosi nella Association of Bondholders in Greece, associazione che punterebbe ad azioni legali forte proprio di una direttiva europea, la “Market in Financial Instruments Directive”. Inoltre, l’associazione punta non solo a perseguire eventuali casi di vendita fraudolenta di bond governativi, ma anche di altri strumenti finanziari, primi fra tutti i credit default swaps. Nel mirino di John Kyriakopoulos e dei suoi colleghi anche l’asta obbligazionaria di titoli di Stato greci tenutasi alla fine di marzo 2010, proprio pochissimi giorni prima del drastico downgrade da parte delle agenzie di rating che fece precipitare la crisi.

Per Kyriakopoulos, la collaborazione dello studio Grant&Eisenhofer e il potenziale ricorso a Corti di giustizia Usa aumenta e di molto la possibilità per gli investitori di recuperare almeno parte dei loro soldi, visto che «i tribunali americani possono offrire maggiore protezione per quanto riguarda i diritti di investitori e azionisti». E se queste cause dovessero andare in porto, le banche greche si troverebbero a dover pagare cifre che potrebbero sballare i loro già deficitari bilanci. Già, perché nel 2012 le sofferenze bancarie sono cresciute del 50% rispetto al dicembre 2011, salendo dal 16% al 24% per un totale di 55 miliardi di euro. Di per sé, una cifra già allarmante, ma che diventa spaventosa se si tiene conto che i fondi per la ricapitalizzazione delle banche stanziati dal governo sono solo 50 miliardi di euro, ovvero c’è già un buco di 5 miliardi. E parliamo di dati di fine 2012, certamente non migliorati in questi otto mesi del 2013, visti la recessione e il tasso di disoccupazione peggiorati – e non di poco – da inizio anno. Ma si sa, il mondo è bello perché è vario e forse c’è ancora qualcuno che scommette e si compra il bond decennale ristrutturato che paga un rendimento del 9,6%.

Per finire, la perla. Dopo aver imposto un’austerità di bilancio che ha portato la Grecia all’agonia totale, adesso quei geniacci della troika vogliono autorizzare le banche del Paese a confiscare le case di chi non riesce a far fronte ai debiti, pratica attualmente impossibile in quanto espressamente vietata da una legge. In un futuro prossimo, però, le banche elleniche potrebbero essere autorizzate a confiscare le case con un valore superiore a 200mila euro e i cui proprietari non riescono a far fronte al debito ipotecario contratto con gli istituti di credito. Il vice ministro dell’Economia, Thanasis Skordas, ha riferito che il governo di Atene sta considerando la richiesta della troika, pensando di iniziare con un’eliminazione parziale dell’attuale divieto di confisca.

Avendo un tasso di default sui mutui già al 27%, ci manca soltanto per le banche di ritrovarsi nel bilancio immobili che nessuno vorrà comprare – manca la domanda in Grecia, non certo l’offerta – e che con ogni probabilità verranno messi forzatamente all’asta con un taglio del loro valore che già si stima da un minimo del 12% a un massimo del 21%. Perdita che le banche confiscatrici dovranno scontare a bilancio, salvo qualche simpatico trucco contabile del governo. E con una situazione simile, a vostro modo di vedere, Atene resisterà fino all’inizio del 2014 prima di dover essere salvata un’altra volta?

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