“La forward guidance [della Bce] non esclude un aumento del tasso di riferimento se dovesse emergere una maggiore pressione inflazionistica”. Lo afferma un documento della Bundesbank, in cui si sottolinea che l’impegno della Bce a mantenere i tassi invariati “non è una dichiarazione imperativa e non rappresenta un cambiamento”. I principali quotidiani italiani hanno pubblicato la notizia con il titolo “La Bundesbank gela la Bce”. Per Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, «quella della Bundesbank è una dichiarazione impropria, in quanto fa una constatazione di per sé banale, ma attraverso quelle parole vuole far capire chi comanda non soltanto all’Europa, ma anche alla stessa Merkel».
Dietro queste affermazioni della Bundesbank c’è qualche timore particolare da parte della Germania?
Quanto affermato dalla banca centrale tedesca è in realtà piuttosto banale, in quanto si limita a constatare che qualora si verificasse un aumento dell’inflazione il costo del denaro potrebbe crescere. Un conto cioè è sapere qual è l’attuale tasso d’inflazione, un altro è prevederlo sulla base delle variabili che lo possono determinare.
Quali sono le variabili che decidono le sorti dell’inflazione europea?
Nella tradizione monetarista della Bundesbank, questa variabile è rappresentata dall’espansione monetaria. In un’impostazione meno semplicistica rientrano anche fattori come un’eventuale crescita economica al di là delle previsioni, che a sua volta insieme all’espansione monetaria può generare una pressione inflazionista. Lo statuto della Bce e le regole generali dell’Ue prevedono che la banca centrale europea abbia il mandato di evitare un tasso di inflazione eccessivo. Il suo obiettivo non è quindi quello di generare crescita a qualsiasi costo, ma di evitare l’inflazione.
Fatto sta che il titolo de Il Sole 24 Ore non lascia adito a dubbi: “Tassi, la Bundesbank gela la Bce”…
Il Sole 24 Ore non ha capito il senso delle parole della Bundesbank, oppure sposa un’impossibile tesi keynesiana. Secondo questa tesi, la banca centrale potrebbe fare inflazione per risolvere il problema della rigidità dei salari che Confindustria, di cui Il Sole 24 Ore è lo specchio, desidera continuare a controllare per mantenere un ruolo economico e politico.
Lei quindi vuole negare che sia in atto un conflitto tra la Bundesbank e la Bce?
Il conflitto tra Bundesbank e Bce esiste, ma riguarda un altro fronte, e cioè la questione se la politica della Bce possa spingersi o meno a interventi non convenzionali. La politica dei bassi tassi d’interesse è abbastanza artificiosa, perché non risolve i divari tra i vari paesi. Invece le misure non convenzionali, come quelle che a suo tempo mise in atto Draghi, fanno sì che le banche con problemi a finanziarsi sul mercato, o anche gli operatori di diversa natura, possano accedere al credito della banca centrale a un tasso tra lo 0,5% e l’1%.
Lei quale strumento preferisce, i bassi tassi d’interesse o le misure non convenzionali?
Quella relativa ai tassi d’interesse è una politica monetarista tradizionale rischiosa, come si vede anche dalla bolla finanziaria in Giappone e da quella immobiliare in Spagna e prima ancora negli Stati Uniti. Le politiche di tassi bassi differenziati possono essere efficaci per l’economia reale, ma pericolose dal punto di vista finanziario. Gli interventi non convenzionali, al contrario, sono la vera questione centrale, su cui è in atto lo scontro tra Bundesbank e Bce, anche se la banca centrale tedesca su questo non ha detto nulla. I giornali, forse non avendo notizie, cercano di pompare una dichiarazione che sicuramente è impropria dal punto di vista metodologico.
Qual è quindi il vero significato da attribuire alle affermazioni della banca centrale tedesca?
La Bundesbank non ha alcun titolo per dire che cosa deve fare la Bce, le sue affermazioni rappresentano quindi un’interferenza assolutamente inammissibile. L’aspetto interessante dal punto di vista politico è però un altro, e cioè che la Bundesbank con queste dichiarazioni sta cercando di fare capire che i tedeschi sono insofferenti nei confronti dell’unione monetaria europea, cioè dell’euro. Non seguire le regole del gioco è appunto un modo attraverso cui i tedeschi la contestano. La Bundesbank strizza l’occhio a quanti in Germania vorrebbero uscire dalla moneta unica, e in questo modo va contro la posizione di Angela Merkel.
Chi c’è veramente nel mirino della Bundesbank?
Quella della Bundesbank è una dichiarazione impropria, in quanto fa una constatazione di per sé banale, ma attraverso quelle parole vuole far capire chi comanda non soltanto all’Europa, ma anche alla stessa Merkel. Bisognerà poi vedere se il governo tedesco lascerà fare alla Bundesbank tutto quello che vuole. È noto che anche in passato c’è stata una sorta di guerra interna tra il Cancelliere e la banca centrale, che nasceva tra l’altro dal fatto che la Merkel ha sostenuto Mario Draghi come presidente della Bce al posto del candidato della Bundesbank.
Come legge invece i mercati in discesa negli ultimi giorni?
Quello messo in atto dalla Borsa è stato un recupero tecnico. Dopo aver fatto quei rilevati guadagni, chi era allo scoperto si è ricoperto. Quanto allo spread, indica il nervosismo del mercato rispetto alle sorti del nostro governo Letta. Il vero tema, che rifletterà l’andamento irrequieto dei mercati, è la questione dell’applicazione retroattiva della legge Severino. L’affermazione in questione lede profondamente il principio generale della Costituzione relativa all’elettorato attivo.
Per quale motivo la questione relativa alla legge Severino continuerà ad agitare i mercati?
Per il fatto che andare contro i principi costituzionali sull’elettorato attivo è degno di una persona con una mentalità antidemocratica e illiberale, in quanto è una negazione del diritto di voto dei cittadini. È quasi un attentato alla democrazia, perché con questo precedente il Parlamento non è più sovrano. Come afferma il giurista Piero Alberto Capotosti, in base alla stessa legge Severino “il Parlamento è libero di valutare”. Ciò vuol dire che Camera e Senato possono anche sollevare un dubbio sulla costituzionalità della parte della norma relativa alla retroattività. Si tratta di una questione generale e molto importante, che non riguarda solo Berlusconi. Non c’è più l’immunità parlamentare, e anche questa è una deroga opinabile ai principi generali della Costituzione.
(Pietro Vernizzi)