Riforma dell’Imu e introduzione della Service Tax, un’imposta unica di stampo federalista, gestita dai Comuni, che ingloberà la Tares e che potrebbe essere finanziata con un trasferimento dallo Stato centrale agli enti locali di almeno due miliardi l’anno. Queste le prossime mosse del governo, annunciate dal sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, attraverso cui arrivare a “una riduzione del peso fiscale sui cittadini”. Dall’esecutivo viene assicurato che la somma della ex Imu e della Tares non darà lo stesso risultato di tasse da pagare, “altrimenti è una presa in giro”, mentre la copertura per la cancellazione della prima rata dell’Imu (che costerebbe circa 2,4 miliardi di euro) sarà “un mix di soluzioni che stiamo definendo, è giusto che la scelta venga fatta con le forze politiche di maggioranza”. Inutile nascondere la necessità di aprire fin da subito il capitolo dei tagli alla spesa, un’azione che l’attuale esecutivo sembra comunque intenzionato a portare avanti. Abbiamo fatto il punto della situazione con il giornalista economico Oscar Giannino.



Come giudica l’intenzione di abolire la prima rata dell’Imu?

È la conferma di quanto affermato nell’ultimo mese dal ministro Saccomanni riguardo le future intenzioni del Tesoro. Il governo, inteso sia come Pd che come Pdl, sta pensando di confermare l’abolizione della prima rata dell’Imu e di rimodulare il resto dell’imposta innestandola sulla Tares, entrata in vigore da dicembre, che verrà assorbita nella cosiddetta Service Tax.



Cosa ne pensa?

Ho già espresso preoccupazioni molto forti riguardo questo tentativo. Da una parte si finge di assecondare la richiesta del Pdl di piena abrogazione dell’Imu sulla prima casa, dall’altra si tenta di salvaguardare la volontà del Tesoro di non far diminuire di un euro le entrate: in tale contesto, una misura del genere comporta l’altissimo rischio di produrre un “monstrum” fiscale che non avrebbe eguali in nessun Paese avanzato.

Cosa crede comprenderà alla fine la Service Tax?

Il Tesoro ha fatto capire che, per far entrare in vigore questa tassa sui servizi, non ha solo intenzione di mettere insieme Imu e Tares, ma anche di introdurre alcune modifiche. Ad esempio, visto che secondo il Tesoro e il Pd l’abrogazione piena dell’Imu sarebbe fortemente recessiva, c’è la volontà di graduare la cancellazione dell’imposta sulla prima casa a seconda del reddito, quindi alzando la franchigia a seconda del reddito dichiarato dai proprietari. C’è poi un secondo elemento che riguarda invece l’intenzione di distinguere le franchigie anche a seconda del tipo di utilizzo immobiliare per incentivarne la locazione. Già questi due elementi comporterebbero un’impensabile mole di adempimenti e controlli, eppure non è finita qui.



Qual è il terzo elemento che non la convince?

Riguarda la compartecipazione dei Comuni che da sempre lamentano giustamente uno degli aspetti più controversi dell’Imu, un’imposta “municipale” ma che alla fine è stata utilizzata quasi interamente dallo Stato. Il Tesoro, proprio perché intenzionato a non diminuire di una virgola il gettito (che nel 2012 è stato di 23,7 miliardi di euro), parla oggi di questo fondo da due miliardi da destinare agli enti locali che sarebbe aggiuntivo al gettito annuale. Un fondo, in sostanza, che i Comuni potrebbero gestire a piacimento, a seconda di come poi verrà proposta la somma di Imu e Tares.

Dov’è il problema?

Il Tesoro ha fatto chiaramente capire che questi due miliardi comporteranno inevitabilmente un aggravio di imposte. Se invece restasse tutto uguale, i Comuni riceverebbero comunque i due miliardi di euro, ma tale cifra non sarebbe aggiuntiva al gettito ma tagliata dai trasferimenti statali. Altri nodi da chiarire riguardano infine l’unificazione e l’imposta sui servizi.

 

Come dovrebbe essere pensata la Service Tax?

Di fronte a un’imposta che di fatto è già patrimoniale, reddituale, diversa a seconda dell’utilizzo dell’immobile e con margini non chiari di compartecipazione tra centro e periferia, la questione dei servizi avrebbe senso solamente se ci si limitasse alla quota dei cosiddetti servizi indivisibili.

 

Vale a dire?

Sono essenzialmente quei servizi che il Comune eroga a tutti, come l’illuminazione pubblica, la manutenzione del verde, delle strade e così via. L’intenzione del governo, invece, sembra essere quella di mettere insieme servizi indivisibili con quelli divisibili, cioè quelli riferibili ai singoli cittadini, i quali ne usufruiscono individualmente, come la sanità o il trasporto pubblico. Un’azione di questo tipo rappresenterebbe un ennesimo pasticcio che al momento non possiamo davvero permetterci e che probabilmente andrebbe a generare un’imposta senza precedenti.

 

C’è poi l’aumento dell’Iva a ottobre…

Sono dell’idea che anche in questo caso il Tesoro voglia solamente dare copertura stabile al mancato aumento di un punto percentuale sull’aliquota generale dell’Iva ritoccando le aliquote preferenziali per questo o per quel settore. Fare questo significherebbe lasciare la situazione di fatto immutata.

 

Cosa fare allora?

Fino a che non si deciderà seriamente di identificare punti aggiuntivi di spesa pubblica da tagliare, per coprire poi l’abbassamento complessivo della pressione fiscale, non andremo da nessuna parte. Bisogna tagliare la spesa pubblica, altrimenti non faremo altro che continuare a fingere di accontentare richieste, ma producendo un effetto sull’economia reale che rimane di progressivo peso recessivo.

 

(Claudio Perlini)