«Anziché abolirla del tutto, nel determinare l’ammontare dell’Imu sulla prima casa, occorrerebbe basarsi su meccanismi che tengano conto sia del reddito, sia dello stato patrimoniale di una famiglia». Ne è convinto il professor Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, che spiega di condividere in linea di principio la proposta del ministro Graziano Delrio, secondo cui andrebbe esentato soltanto il 70% dei proprietari meno abbienti. La discussione su come applicare la riduzione dell’Imu è giunta sul tavolo del governo, e il Pdl ha sottolineato l’esigenza di mantenere le promesse su un’abolizione totale dell’imposta sulla prima casa.
Professor Fortis, quale ritiene che sia la soluzione tecnica migliore per intervenire sull’Imu?
La questione dell’Imu, come molte altre che riguardano la politica economica, è appesa ai destini del governo. È chiaro quindi che sono problemi innanzitutto politici, e non tecnico-economici, a ostacolare la messa a fuoco della riforma dell’Imu. Come ha scritto ieri l’economista Usa Michael Spence su Il Sole 24 Ore, sarebbe logico proseguire con una normale tassazione sulla casa, alleggerendo invece le tasse sui redditi per rilanciare i consumi.
Che cosa ne pensa delle parole del ministro Delrio che hanno suscitato diverse polemiche?
La proposta del ministro Delrio di far pagare l’Imu sulla prima casa ai ceti più abbienti non ha nulla di scandaloso. Purtroppo la promessa elettorale di Berlusconi su un’abolizione totale dell’imposta sull’abitazione principale fa sì che ormai il Pdl sia convinto di giocarsi la faccia. Su questo non transige, anzi mostra una rigidità che non favorisce la soluzione dei problemi. Non c’è bisogno di essere economisti per comprendere che una persona con un reddito elevato può pagare 400/500 euro di Imu sulla prima casa senza finire in bancarotta.
Non crede che quei 400/500 euro di tasse in meno sarebbero comunque reinvestiti, facendo ripartire la nostra economia?
L’Imu sulla prima casa è una somma piuttosto contenuta, soprattutto se paragonata a un’infinità di altri balzelli che una persona si trova a dover pagare tutto l’anno. L’aumento costante della benzina pesa di più su un bilancio familiare rispetto all’introduzione dell’imposta sulla prima casa. Soprattutto per quanto riguarda i ceti più abbienti, sarebbe del tutto logico che l’Imu sulla prima casa fosse mantenuta, anche soltanto per finanziare l’abbattimento di altre tasse. Ne è un esempio l’Imu sugli stabili e sugli insediamenti produttivi, che anziché essere una tassa sul patrimonio finisce per essere un balzello sulla produzione, che sia aggiunge ai numerosi già esistenti da tempo.
Ritiene che le imprese vadano privilegiate rispetto alle famiglie?
No, ma l’Imu sulla prima casa è agevolmente pagata da una qualunque famiglia abbiente.
Per un anziano che vive con la pensione minima però abolire l’Imu può fare la differenza…
Anche in questo caso il pensionato andrebbe valutato in base al suo reddito. Se la sua pensione è pari a 10mila euro al mese è giusto che paghi l’Imu, se invece è di 500 euro è indispensabile un’esenzione. Ci dovrebbero dunque essere dei meccanismi tali per cui nel determinare l’ammontare dell’Imu sulla prima casa si tenga conto sia del reddito che dello stato patrimoniale di una famiglia.
Che cosa ne pensa invece del significato politico della battaglia sull’Imu?
Non si può pretendere di trasformare quella sull’Imu in una battaglia ideologica. Bisogna rendersi conto che ci troviamo nel mezzo di una crisi mondiale non ancora terminata, e che per di più presenta numerose incognite. Brasile, Russia, India e Cina stanno rallentando. Esistono inoltre numerosi ostacoli futuri come gli impegni presi dall’Italia con l’Europa e le incognite su un’effettiva applicazione del Fiscal compact. Con una ripresa molto modesta alle porte, ma che tuttavia rappresenta un’opportunità che non va sprecata, ci stiamo perdendo nelle ennesime diatribe che non trovano aderenza nei problemi reali della società.
(Pietro Vernizzi)