“L’Italia è bocciata nella classifica della Commissione Ue sulla competitività, ma l’Expo 2015 può essere lo stimolo giusto per rilanciare l’economia del Paese”. Ne è convinto Carlo Secchi, professore di Economia dell’integrazione europea all’Università Bocconi, a proposito dell’atlante realizzato dalla Commissione Ue che vede scendere l’Italia dal 16esimo al 18esimo posto nella classifica europea della competitività. Il nostro Paese scivola sotto a Cipro e Portogallo, mentre a livello regionale la Lombardia finisce al 128esimo posto e resta esclusa dalla cosiddetta “Banana blu” europea, che un tempo andava da Londra a Milano passando per Belgio, Paesi Bassi e Baviera.



Professor Secchi, quali sono i problemi che affossano la competitività dell’Italia?

Per rispondere bisogna esaminare gli indicatori presi in considerazione dai ricercatori che hanno stilato questa classifica. Il primo di questi è il quadro macro-economico, che chiaramente rispetto agli altri Paesi del’Eurozona vede l’Italia arrancare sulla strada dello sviluppo. I dati su questo inizio di ripresa mostrano che il nostro Paese migliora, ma molto meno di tutti gli altri. Secondo indicatore è l’assetto istituzionale, che riguarda l’instabilità politica ma anche la giustizia. Soprattutto per quanto riguarda la giustizia civile e amministrativa, la lunghezza e l’incertezza dei processi costituiscono un grave danno per il sistema-Italia.



Quanto contano invece le infrastrutture per la competitività dell’Italia?

I ritardi e la lentezza nell’esecuzione dei progetti sono ben noti, come pure il clima nervoso che accompagna i più importanti tra questi. Emblematica è la vicenda della Tav Torino-Lione, che denota una scarsa voglia di recuperare competitività attraverso le infrastrutture. Ma anche lungo la tratta Milano-Venezia l’alta velocità fa pochi chilometri fino a Treviglio e poi si ferma. Abbiamo poi i cronici problemi di finanziamento, che riguardano in particolare Brebemi, Pedemontana e Tem.

A frenare il nostro Paese sono anche formazione e ricerca?



Alcune regioni come la Lombardia da questo punto di vista sono molto ben dotate. Due punti deboli del nostro Paese da questo punto di vista sono la dispersione delle università, in quanto ogni piccolo centro vuole il suo ateneo, e la formazione professionale che da noi necessita ancora di un lavoro molto importante.

In questo quadro difficile, ritiene che si possano ravvisare anche degli elementi incoraggianti?

In particolare il Nord Italia gode dello stimolo positivo dell’Expo 2015, che è sinonimo di un fervore di attività dal punto di vista pubblico, sia pure ridimensionate rispetto ai progetti originari. Il fatto stesso di avere una scadenza certa fa sì che la solita tattica del rinvio non possa funzionare. L’Expo è inoltre una colossale operazione di marketing territoriale. Se le cose vanno per il verso giusto, ci saranno dei ritorni positivi anche dal punto di vista della competitività e dell’attrattività del sistema lombardo. L’Expo rappresenta inoltre uno stimolo per le attività imprenditoriali. Numerose aziende stanno sviluppando dei progetti per inserirsi in questo processo, sviluppare nuovi business e trarne profitto. Nei limiti del possibile, in Lombardia esiste anche una ragionevole stabilità politica e non manca certo la voglia di fare.

 

Dalla classifica sulla competitività emerge però che la Lombardia è ormai fuori dalla “Banana blu”…

Si tratta soprattutto di una conseguenza della situazione nazionale. La Lombardia ha inoltre attraversato una crisi che ha inciso di più rispetto al resto del Paese, proprio perché è una regione che più di altre dipende dall’economia di mercato. Siamo però di fronte a numerosi segnali anche di tipo positivo, e ciò rende possibile guardare al futuro con maggiore fiducia. Senza però addormentarsi, ma focalizzando l’attenzione, dandosi da fare e tenendo la barra del timone nella giusta direzione.

 

(Pietro Vernizzi)