Il panettiere sotto casa, il negoziante che vi vende la pizza al taglio, la pasticceria che vi piace tanto: rischiano tutti di chiudere. Secondo Confartigianato con il passaggio dalla Tarsu alla Tares subiranno rincari, rispettivamente, del 93,6%, del 181,7% e del 301,1%. E pensare che questo tipo di esercizi produce quotidianamente enormi quantità di cibo da buttar via che potrebbe essere recuperato e destinato ai poveri. Che c’entra questo con la Tares? Semplice: la nuova tassa sui rifiuti e servizi, se regolata in maniera sensata, potrebbe addirittura invogliare le donazioni di alimenti recuperabili. Marco Lucchini, direttore generale della Fondazione Banco Alimentare, ci spiega come.



Tutto questo cibo sprecato potrebbe essere dato a chi ne ha bisogno?

La possibilità, dal punto di vista normativo, c’è. Si chiama legge del Buon Samaritano e, da dieci anni, sta consentendo – nel rispetto dell’igiene e della sicurezza per i consumatori – di recuperare tonnellate di cibo avanzato.

Anche di piatti pronti?



Certo. Anche di piatti pronti avanzati. Quest’anno, quelli recuperati nel mondo della ristorazione, saranno 3 milioni.  

Quindi, la normativa è applicabile anche nel caso di panetterie, pizzerie al dettaglio e via dicendo?

Sì che lo è. Ovviamente, è necessario agire con intelligenza, a partire dalla realtà; va da sé, per intenderci, che come sempre il cibo parzialmente consumato, in cattive condizioni, o contaminato non è recuperabile.

Veniamo alla questione della Tares.

Già esiste, in generale, la possibilità di godere di detrazioni fiscali in base al bene donato. La Tares potrebbe essere modulata in modo da rappresentare un ulteriore incentivo alla donazione.



Come?

Attualmente l’imposta è commisurata ai metri quadri. Se, invece, fosse calcolata sul peso dell’immondizia prodotta, come in Francia, i commercianti sarebbe indotti a produrre meno rifiuti, e stimolati a donare gli scarti recuperabili. Più volte abbiamo avanzato alle amministrazioni comunali questa proposta.

Quali resistenze avete incontrato?

Anzitutto, sarebbe necessario cambiare tutte le attrezzature per recuperare l’immondizia. Queste dovrebbero essere in grado pesare i rifiuti, per poter così effettuare uno sconto su chi ne ha prodotti di meno.

Non sarebbe più semplice pesare i beni alimentari donati?

Il Banco alimentare, effettivamente, dispone di tutte le attrezzature idonee alle pesate degli alimenti. Dubito però, francamente, che in questo periodo le amministrazioni pubbliche dispongano della cultura necessaria per fidarsi, e accettare i dati del non profit come attendibili. In ogni caso, l’obiezione principale ad un’ipotesi di sgravio fiscale per chi dona è un’altra.

 

Ci spieghi.

A fronte di un’entrata fiscale minore per le pubbliche amministrazioni, si innescherebbe un circolo virtuoso che genererebbe ingenti risparmi a livello sociale e ambientale. I poveri costano. Ma questo è sempre un problema delle “prossime” giunte. Quelle attuali, invece, preferiranno sempre incassare subito. Introducendo una tassa in più.  

 

(Paolo Nessi)