Ma insomma, è “vera gloria” l’abolizione dell’Imu da parte del governo Letta, all’insegna dell’unanimità politica più imprevedibile, vista la fase di estrema tensione che attraversa la maggioranza sul caso Berlusconi? Oppure è una vittoria di Pirro, che non impedirà comunque la caduta del governo o per ragioni politiche o per incapacità economiche?



Difficile a dirsi: dipenderà tutto – oltre che, naturalmente, dalle scelte del Cavaliere – dalla parte non ancora scritta del provvedimento, quella sulla sua copertura finanziaria: “Aspettiamo di conoscerla”, ha detto Olli Rehn, il commissario europeo che ha questo ingrato compito di fungere da sceriffo dei conti pubblici degli Stati membri. “Aspettiamo”, perchè per ora non se ne vede l’ombra…



Si sa che nascerà la “Service Tax”, ha detto Letta, una tassa comunale che aggregherà la vecchia tassa rifiuti a qualcosa di diverso dall’Imu ma comunque utile per recuperare, a vantaggio dei comuni e teoricamente a fronte dei servizi che essi rendono ai cittadini, il gettito perso, una tassa che graverà in parte anche sugli inquilini, non a caso imbufaliti (speriamo non la chiamino “Taser”, sarebbe un nome terribile, come quello della pistola elettrica che dà la scossa ai sospetti, utilizzata dalla polizia americana: troppa gente, per quelle scosse che non dovrebbero essere letali, ci resta secca…).

La verità è che se il governo Letta sopravvivrà alle sue vere “Idi di marzo”, cioè alla procedura con cui a partire dal 9 settembre la Giunta del Senato dovrà decidere sulla decadenza o meno di Silvio Berlusconi, allora inizierà a giocarsi la vera partita della sopravvivenza, che non è un  provvedimento-palliativo come l’abolizione dell’Imu o quello, che si annuncia ed è di segno opposto, di aumentare l’Iva al 22%.

La vera partita economico-finanziaria che il governo dovrebbe giocarsi e vincere è quella del taglio della spesa pubblica a parità di organici e senza danno alla qualità dei servizi. Si può fare, è l’unica soluzione sostenibile e prospettica ai mali economici dello Stato italiano, ma nessuno c’è mai riuscito. Solo tagliando la spesa si possono tagliare le tasse e ridare slancio all’economia. Ma bisogna tagliare la spesa senza generare disoccupazione o recessione. Se Letta ci prova e ci riesce, passerà alla storia. Se non ci proverà o se fallirà, passerà tutt’al più al guardaroba di Palazzo Chigi per ritirare il paltò e andarsene anche lui.

La chiave della salvezza sta tutta nella moralizzazione della spesa pubblica per l’acquisto di beni e servizi e nell’efficientamento dell’apparato statale. Non più dipendenti, ma migliori servizi a parità di dipendenti: sembra un assurdo, ma è possibile perché oggi la produttività della nostra pubblica amministrazione è ai minimi in Europa. E poi gli acquisti: sono un guazzabuglio indecifrabile, appena 40 miliardi di euro di valore sono “presidiati” dalle gare on-line organizzate dalla Consip, che per lo meno garantiscono pari opportunità a chi vuol fornire e zero-imbrogli.

 Gli altri 300 miliardi di euro vengono spesi alla cieca. E quando, con la riforma del titolo Quinto della Costituzione, si decise di introdurre nell’ordinamento il concetto di “costo standard”, si scelse di fare la media tra i costi dei beni acquistati in giro per l’Italia anziché imporre a tutti di comprare al prezzo più basso, e per di più non s’introdussero sanzioni per chi avesse sgarrato.

Per cui, come ha recentemente ribadito protestando il governatore del Veneto Luca Zaia, se a livello nazionale si applicassero i costi standard della pubblica amministrazione del Veneto, il Paese risparmierebbe circa 30 miliardi di euro! All’anno! Ma non accade: perché fare cose del genere significa davvero rompere con le lobby, cosa che né Berlusconi né Prodi prima di lui hanno osato fare e tantomeno la meteora-Monti.

Il resto è schermaglia politica, melina, niente di serio… Sia i 5 Stelle che Scelta Civica hanno criticato la scelta di abolire l’Imu, ma giusto per fare “un titolo di giornale”, perché si sa che oggi non contano nulla; le associazioni degli inquilini hanno tuonato contro il progetto della Service Tax, ma i costruttori edili hanno brindato alla manovra; come sempre, insomma, ci sono state voci dissonanti. Ma il “punto” politico Letta è stato bravissimo a portarlo a casa. Adesso, dal 9 settembre in avanti – ammesso e non concesso che venga disinnescata la vera mina che insidia il governo – il gioco si farà duro.