Non si può certo dire che questo governo sia il massimo dell’intraprendenza. Però, qualche provvedimento indispensabile e non rinviabile ha iniziato a produrlo. Figuriamoci, quindi, se dovesse ulteriormente indebolirsi a causa dell’apertura di una crisi. Figuriamoci, cioè, se fosse necessario sospendere ogni tentativo di agire per dedicare le poche energie a disposizione alla ricerca di una nuova maggioranza o, ancora peggio, alla campagna elettorale in vista di nuove elezioni. Guido Gentili, editorialista de Il Sole 24 Ore, ci spiega le conseguenze dell’eventuale caduta del governo sul fronte fiscale.



Cosa succede se qualcuno stacca la spina a Letta?

La caduta del governo bloccherebbe l’agenda necessaria per rilanciare l’economia. A partire dal taglio del cuneo fiscale. Un intervento che, per sortire degli effetti apprezzabili, deve essere dell’ordine di almeno 5 miliardi di euro. Considerando l’attuale fatica per definire la copertura per coprire l’eliminazione della seconda rata dell’Imu, è impensabile che un governo debole riesca a trovare quella per tagliare il cuneo.



Cosa intende con governo debole?

Uno composto da Pd, qualche esponente del Pdl, Scelta civica e alcuni grillini. Tanto più che non è per nulla scontato l’appoggio della Lista Monti in caso di coabitazione con l’M5S.

Perché è così importante tagliare il cuneo fiscale?

Quel poco di ripresa che c’è la si deve all’export, ove comunque la nostra industria continua ad avere enormi difficoltà. La crisi dei consumi interni, invece, è ancora ampiamente in corso. Tagliare il cuneo fiscale consentirebbe, da un lato, di aumentare la competitività delle imprese all’estero e, dall’altro, metterebbe qualche soldo nelle tasche degli italiani che, a quel punto, li spenderebbero nel mercato interno.



Dove si trovano, secondo lei, le risorse per tagliare il cuneo?

Dall’abbattimento della spesa pubblica, considerando tale anche le infinità di sgravi fiscali. Ma un abbattimento significativo, in grado di rappresentare uno shock per l’economia, può realizzarlo solo un governo forte.

C’è poi la questione della scongiuramento dell’aumento dell’Iva…

Vede, l’ipotesi ci porta a parlare del nostro rapporto con l’Europa. Mi spiego: usciti dalla procedura d’infrazione per deficit eccessivo, l’Ue ha emanato un’Indicazione nei nostri confronti, chiedendoci di applicare il principio secondo cui la tassazione deve spostarsi gradualmente dalle persone alle cose. Se vogliamo, invece, perseguire l’obiettivo di scongiurarne l’aumento, dovremo sapere argomentare le nostre ragioni. La stessa cosa che dovremo fare rispetto alla legge di stabilità. Quest’anno, per la prima volta, sarà esaminata, oltre che dal nostro Parlamento, da Bruxelles, che potrà inviarci le proprie osservazioni. Insomma, interloquire con l’Europa e sbattere i pugni sul tavolo quando è necessario è possibile, anche in tal caso, solo a un governo autorevole.

 

L’impossibilità di cancellare la seconda rata dell’Imu e di rimodulare la tassazione sulle abitazioni sarebbe un’eventualità così grave?

Beh, chi spiegherebbe agli italiani di chi è la colpa se si è tornati a ripagare la seconda rata dell’Imu sulla prima casa, nonostante entrambi gli schieramenti si fossero assunti l’impegno di abolirla?

 

Nel 2011, il default sembrava dietro l’angolo. Oggi?

Complessivamente, l’Eurozona e i mercati sono più tranquilli ormai da mesi, grazie agli strumenti non convenzionali messi in campo da Draghi. Di default, oggi, non si parla più. Resta, tuttavia, da capire cosa accadrà all’indomani delle elezioni tedesche e della decisione della Corte costituzionale tedesca in merito alle politiche monetarie della Bce.  

 

(Paolo Nessi)