Entro il 15 ottobre il governo dovrà presentare la legge di stabilità, in vista della discussione prima in Parlamento e poi a Bruxelles. Stando ai calcoli dei tecnici, l’ammontare della manovra sarà pari a 25 miliardi di euro, e il capitolo più delicato sarà quello sul cuneo fiscale. Il presidente del Consiglio, Enrico Letta, lo ha detto esplicitamente di fronte al Senato, sottolineando che il taglio del costo del lavoro è “il cuore delle politiche di crescita”. Secondo Oscar Giannino, «se vogliamo evitare un taglio del costo del lavoro che sia soltanto di facciata, occorrerà dedicare tra 12 e 15 miliardi, pari a un punto di Pil, per ridurre le tasse sul lavoro e l’Irap. Occorrerà quindi individuare riduzioni di spesa sostanziose».



Giannino, come sarà la nuova manovra da 25 miliardi cui sta lavorando il governo al rientro dalle ferie?

È ancora presto per dire che cosa bolle sul tavolo del Tesoro. Mi ha molto colpito un’espressione usata dal ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, il quale riferendosi agli interventi fatti negli ultimi cinque mesi ha ammesso: “Non mi sentirei di indicarli come paradigma di efficienza”. Il governo è alle prese con una serie di capitoli sugli interventi rispetto a cui spero che questa dichiarazione del ministro dell’Economia rappresenti un invito a evitare pasticci. Il dibattito su Imu e Iva l’ha fatta da padrone negli ultimi mesi, ma al di là di questi due interventi le imprese e il mercato del lavoro si aspettano ben altro.



Quali sono le aspettative del mondo produttivo?

Innanzitutto interventi sul costo del lavoro e sulle imposte alle imprese. Perché ciò abbia un effetto, in modo da aggiungere qualche decimale di punto nei quattro trimestri del 2014, il governo si trova di fronte a due possibili strade.  

E sarebbero?

La prima strada è rappresentata da misure poco più che simboliche, pari a 2 miliardi che includano un piccolo intervento sulla componente occupazione dell’Irap e un aumento delle detrazioni ai redditi da lavoro più bassi.

Qual è la seconda strada?

È costituita da importi più significativi. Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, ha parlato di 4-5 miliardi. In realtà, per produrre effetti la manovra dovrebbe destinare un punto di Pil, cioè 12-15 miliardi, ai redditi da lavoro più bassi e alla componente lavoro dell’Irap. Attraverso un programma pluriennale sarebbe possibile abbassare l’imposta sulle attività produttive.



È possibile trovare 15 miliardi con le difficoltà di bilancio del nostro Paese?

Le cifre date dal Tesoro sulle entrate fiscali sono molto prudenti e a fine anno apprenderemo che le cose per il nostro bilancio vanno meglio del previsto. L’Italia è però vicina alla soglia del 3% nel rapporto deficit/Pil, e quindi occorre individuare tagli di spesa sostanziosi. Le misure sul contenimento della spesa inserite nel decreto del 28 agosto sono pari a soli 4 miliardi l’anno, mentre servono tagli da almeno 12 miliardi. La stessa riduzione del costo dell’energia è soltanto una misura lasciata a metà e attraverso i bond trasferisce i costi sulle generazioni future, nonché su altri comparti produttivi.

 

Che cosa ne pensa invece del metodo che andrebbe seguito per trovare il consenso politico sulla manovra?

La manovra dovrebbe essere pari a circa 20 miliardi di euro, e per fare questo occorrerebbe immaginare una cooperazione tra i diversi partiti della maggioranza, non soltanto nel governo ma anche in Parlamento. La legge di stabilità andrà varata entro il 15 ottobre, e la Commissione e gli organi europei avranno tempo fino a fine novembre per esaminarla. Occorrerà quindi una coesione politica molto forte su alcuni punti di fondo.

 

In che modo sarà possibile creare questa coesione politica con una maggioranza in fibrillazione?

Alla luce di queste difficoltà sarebbe sconsigliabile che il governo Letta mettesse i partiti di maggioranza e l’Italia intera di fronte alla “sorpresa” della finanziaria all’indomani del varo notturno. Al contrario, sarebbe molto meglio se alla luce dell’instabilità politica tanto il presidente del consiglio Letta quanto il ministro dell’Economia Saccomanni, preannunciassero con diversi giorni di anticipo rispetto al varo della manovra i suoi capitoli fondamentali e l’entità delle coperture.

 

(Pietro Vernizzi)