Guerra tra Fiat e Veba sulla quotazione di Chrysler in Borsa. Da tempo Sergio Marchionne ha annunciato l’intenzione di completare la fusione con la casa automobilistica di Detroit, acquistando il 100% delle sue azioni. A mettersi di mezzo è stato però Veba, il fondo che copre le spese assicurative e le cure mediche dei dipendenti americani, e che controlla ancora il 41,5% di Chrysler. Nella speranza di ottenere dalla Fiat un prezzo più conveniente, il Veba ha costretto Marchionne ad annunciare la quotazione in Borsa di Chrysler. L’ad di Fiat non ha potuto opporsi, ma ha fatto sì che nella documentazione di Chrysler in cui si chiede l’ingresso a Wall Street si affermasse che Fiat “sta valutando se continuare o meno l’espansione dell’alleanza al di là degli impegni contrattuali esistenti”. Un po’ come dire che se Veba tirerà troppo la corda, Marchionne potrebbe rinunciare ad acquistare Chrysler lasciandola in un mare di guai. Abbiamo intervistato Pierluigi Bonora, caporedattore de Il Giornale.
Fino a che punto la mossa di Veba ha spiazzato Marchionne?
Alcuni mesi fa Marchionne aveva sottovalutato, per eccessiva spavalderia, che si sarebbe verificato quanto in effetti è avvenuto, cioè che il fondo Veba portasse il 16,6% del 24,9% (la parte non opzionata da Fiat) in Borsa a Wall Street. In passato l’ad di Fiat ha sempre detto che si trattava di una possibilità, senza però aggiungere altro. Probabilmente contava di poter chiudere la partita entro i termini previsti, ma ciò si è dimostrato più ostico di quanto si potesse pensare. Ora i nodi vengono al pettine, perché se il 16,6% dovesse andare in Borsa, il topolino Veba potrebbe fare tremare la montagna frenando così la scalata di Fiat al 100% di Chrysler.
Quali potrebbero essere le conseguenze?
La fusione Fiat-Chrysler alla fine dovrebbe potersi realizzare. Ciò darebbe alla Fiat una maggiore visibilità e prestigio sui mercati internazionali, ma soprattutto un peso più significativo nei confronti dei fondi esteri che possono poi garantire appoggi e sostegni a questa nuova realtà. È quindi soprattutto una questione di visibilità e di trasparenza, nonché di forza d’impatto di questo colosso che nei piani di Marchionne dovrebbe essere un tutt’uno per misurarsi con i più importanti big mondiali dell’automobile.
Il comunicato di Chrysler è un modo per “fare lo sgambetto” alla quotazione in Borsa?
Nel comunicato di Chrysler diffuso martedì si parla del fatto che un freno alla fusione avrebbe potuto influire negativamente sui progetti futuri della casa automobilistica americana salvata dalla Fiat. In attesa della fusione sono state messe a punto diverse sinergie, con benefici reciproci per quanto riguarda lo sfruttamento delle piattaforme. Dal punto di vista tecnologico e industriale sono stati compiuti diversi passi avanti. Ciò che manca al Lingotto è infatti un impatto forte di visibilità sulla comunità e sui mercati internazionali.
Fiat ha i soldi necessari per compiere l’operazione di fusione?
Fiat ha un’ottima disponibilità finanziaria, pari a circa 20 miliardi di euro, e anche Chrysler gode di una buona cassa. I soldi quindi ci sono, il problema è il braccio di ferro per quantificare il valore della quota in mano al fondo Veba pari al 41,5%. Il Tribunale del Delaware ha di fatto invitato tutti quanti a mettersi d’accordo tra loro. Poiché però questo accordo non è arrivato, il fondo Veba ha deciso di andare in Borsa per fare sì che fosse il mercato a decidere.
Alla fine si riuscirà davvero a completare la fusione?
Marchionne ci ha abituati ai colpi di scena e alla sua capacità di estrarre improvvisamente il coniglio dal cappello. Come lascia intendere il comunicato di Chrysler, si può però fare ancora qualcosa per bloccare la quotazione richiesta da Veba. Le trattative proseguono frenetiche e può darsi che proprio in “zona Cesarini” si arrivi a un’intesa.
Quanto è reale il rischio che l’ingresso di altri soci faccia saltare l’accordo?
Tutto è possibile. Nel momento in cui Fiat avrà in mano il 100% di Chrysler non ci saranno più preoccupazioni, mentre finché altri soci possiederanno delle quote può sempre entrare un terzo incomodo. Marchionne ha sempre parlato della possibilità di trovare un altro partner, ma soltanto dopo che sarà completata la fusione tra le due società con Fiat al 100% di Chrysler.
(Pietro Vernizzi)