L’avvitamento della crisi economica verso il gorgo della grande depressione prosegue senza sosta. La spesa per le famiglie si contrae di 56 miliardi e chiude una impresa storica (con oltre 50 anni di storia) su quattro, aumentano i fallimenti delle imprese ad un ritmo crescente (+5,9% nel 2013), il potere di acquisto è calato di 4mila euro per ogni famiglia dall’inizio della crisi e il Pil ha avuto un crollo senza precedenti dalla seconda guerra mondiale ad oggi, -8,8%.
Come conseguenza, crolla pure il gettito Iva (-7,8% da gennaio ad aprile di quest’anno) e le ore di cassa integrazione superano il mezzo miliardo in sei mesi. Ovviamente ne soffre pure il sistema bancario italiano, con le insolvenze delle imprese che arrivano a 84 miliardi. E tutto questo accade mentre proprio alle imprese mancano circa cento miliardi di pagamento per lavori effettuati per conto dello Stato.
Una curiosa eterogenesi dei fini: più il sistema delle banche centrali stampa moneta, più manca moneta. Ma come è possibile? Possibilissimo, con il perverso sistema monetario ora vigente. Poiché l’attuale moneta delle banche centrali è tutta moneta debito, moneta che genera debito e relativi interessi, che nessuno potrà mai pagare perché nessuno ha mai creato la moneta per gli interessi. La questione è semplice: quando una banca centrale genera moneta, chi la prende si indebita di quella con gli interessi, che nessuno ha mai generato. E nessuno può generare, perché la moneta, secondo l’attuale struttura monetaria internazionale, può essere generata solo dalle banche centrali, e solo a debito.
Per questo il destino di uno Stato, deprivato del potere di creare moneta senza indebitarsi, è quello di fare crescere il proprio debito nel tentativo di far crescere la propria economia. Ma anche quando non volesse, al semplice passare del tempo, non potendo pagare il debito (il denaro serve che rimanga in circolazione!), gli interessi faranno sempre crescere il debito. Ora lo vediamo in modo chiarissimo: in pochi anni abbiamo visto di tutto al governo: governi di sinistra, governi di destra, il governo dei tecnici, il governo delle larghe intese (o delle intese minime); ma il debito cresce sempre, inesorabilmente. Oramai supera di gran lunga il 130%, e continuerà ad esplodere, complice il continuo calo del Pil.
E i partiti al governo cosa fanno? Continuano a bisticciare sull’Imu, come se fosse una cosa di vitale importanza: una briciola da 4 miliardi, mentre la partecipazione al salvataggio dei paesi europei (cioè delle banche in crisi) ci costa decine di miliardi. Tentano di pagare il debito con le aziende fornitrici? Forse lo faranno, ma aumentando qualche tassa, o inventandosene di nuove. Questo è il risultato concreto della scelta criminale di inserire il pareggio di bilancio nella Costituzione. Come se le leggi della matematica potessero essere contraddette per legge o per costituzione. Il nostro debito supera i 2mila miliardi? Il nostro debito supera il 130 per cento del Pil?
Ma chi ha mai detto che il debito possa essere paragonato al Pil? Chi ha mai detto che uno stock come il debito possa essere paragonato ad un flusso (come il Pil)? Uno stock si può paragonare solo ad un altro stock, come la quantità di moneta. E tutta la moneta in circolazione è pari a circa 150 miliardi. Abbiamo 150 miliardi in circolazione, utilizzabili per pagare una parte minuscola del debito. E non possiamo utilizzarli tutti per pagare il debito, perché un secondo dopo l’economia e la finanza (e il sistema bancario) sparirebbero dalla faccia della terra e torneremmo al baratto (e alla preistoria dell’economia).
E proprio questo è quello che sta succedendo progressivamente: sempre maggiore denaro viene utilizzato per pagare i debiti (sempre crescenti) sparendo così dall’economia reale, portando così al fallimento un sempre maggiore numero di aziende e all’aumento inarrestabile della disoccupazione. Cosa fare?
Negli scorsi articoli avevo preannunciato un autunno caldo: una previsione fin troppo facile, vista l’inadeguatezza dell’attuale classe politica e il progressivo inasprimento della crisi. Ma lo avevo preannunciato anche perché i contatti sviluppati in questo periodo con tante persone e tante associazioni e imprese mi testimoniavano e mi testimoniano di un fervore e di una passione per “fare qualcosa” che aspetta solo l’occasione giusta per esplodere, per manifestarsi, per diffondersi in maniera contagiosa.
Qualcosa si sta muovendo, proprio in questi giorni: qualcuno si sta organizzando e altri sono in attesa di muoversi. Occorre avere fiducia, proprio quella fiducia che manca così tragicamente al sistema bancario e finanziario, fin dallo scoppio della crisi, nell’estate del 2007. Quella fiducia per cui, da allora, le banche non si prestano più denaro tra di loro, ben sapendo le porcherie fatte con una moneta che non appartiene loro.
Occorre avere fiducia, quella fiducia che il sistema bancario non è in grado di creare (come fosse moneta, dal nulla e senza sforzo). Quella fiducia che è la caratteristica precipua di un popolo in cammino verso un ideale condiviso.
E occorre pure un’altra qualità: un pochino di pazienza. Ma non molta, poiché il 23 settembre (l’inizio dell’autunno) è vicino.