La stabilità del governo, la sua durata, collegata al caso Berlusconi, cioè alla decadenza che deve decidere la Giunta per le elezioni del Senato a partire dal 9 settembre, tiene sempre banco e concentra l’attenzione degli analisti e degli osservatori. L’impressione che si ricava da questo barometro frenetico sul futuro del governo, è che sembra di essere arrivati a una sorta di resa dei conti, a una delle svolte principali di questa legislatura appena nata. I due alleati della “strana maggioranza”, Pd e Pdl, sul caso Berlusconi sono al momento trincerati nelle loro posizioni. C’è chi vede “falchi” e “colombe” all’interno dei due schieramenti ed è possibile che questa impressione sia reale dopo il dibattito sul lodo Violante nel Pd e qualche tono differente nelle dichiarazioni degli esponenti del Pdl.
Ma il nocciolo della questione resta. Non ci vuole molta fantasia a immaginare che un voto che facesse decadere Berlusconi da parte di un Pd compatto metterebbe in crisi la maggioranza e tutta la costruzione architettata con grande fatica dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Anche se il presidente del Consiglio, Enrico Letta, si dimostra ottimista, è inevitabile prefigurare gli scenari che si aprono nel giro di un mese. Quello che più preoccupa è la situazione economica, ovviamente, che potrebbe diventare ancora più problematica con i venti di guerra che si stanno sollevando in Medio Oriente, per la questione siriana. Ma in particolare, c’è chi sostiene che la crisi di questo governo comprometterebbe una imminente ripresa, una risalita dell’Italia, come hanno già dichiarato il presidente del Consiglio Letta e il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. Quindi si sottolinea che non far cadere questo governo diventa una questione di responsabilità e in effetti si assiste, tra Pd e Pdl, a un continuo rinfacciarsi di responsabilità. Ma rispetto a questo dibattito e a questi scenari, c’è anche chi fa un’analisi abbastanza differente. Francesco Forte, grande economista, ex ministro delle Finanze, pone altre questioni.
Professor Forte, come giudica la situazione a livello internazionale e a livello nazionale?
Sulla vicenda della Siria vedo che gli americani sembrano abbastanza isolati. Personalmente credo che dovranno rinunciare a una operazione di terra e limitarsi a mandare i loro “droni”. Questo non dovrebbe provocare eccessivi contraccolpi, anche in campo economico con le consuete conseguenze sul prezzo del petrolio.
Le appare più problematica la situazione italiana, relativa alla ripresa economica e soprattutto alla tenuta del Governo?
Guardi, qualcuno nel Pdl mi definisce un “falco”, ma io ragiono prescindendo dalla decadenza o meno di Berlusconi. E dico che questo governo non sta risolvendo affatto i problemi italiani. Ha fatto poche cose e con grandi incertezze in campo economico. Stanno discutendo ancora sulla portata dell’Imu, creando in questo modo sfiducia in chi vuole investire nella casa di proprietà. Poi c’è questo patto tra Confindustrria e sindacati, ben visto dal governo, che diventa una sorta di “catenaccio” per non fare un’autentica riforma del mercato del lavoro. Mi chiedo se guardino le classifiche internazionali: abbiamo perso in un anno sette posti nella graduatoria della competitività.
Lei non ha fiducia nella ripresa economica italiana che si preannuncia con il prossimo anno?
Noi possiamo prendere la coda di questa ripresa, ma sarà una ripresa soprattutto degli altri. Perché la mancata crescita in Italia è ormai dovuta a motivi endogeni, a scelte di politica economica sbagliata, alla mancanza di riforme che non si vogliono fare. Io credo che ormai si debba prendere atto che l’Italia, con le ultime scelte di politica economica che sono state attuate, non è più la quinta potenza industriale.
I mercati finanziari ci stanno osservando. La lettura dell’ andamento della Borsa di mercoledì sembrava riflettere le incertezze più accentuate su un’imminente crisi di governo, dopo le dichiarazioni di Berlusconi.
Non è una lettura corretta. L’andamento dei mercati riflette quello che tra pochi mesi dovrà inevitabilmente avvenire. Mi spiego. La ripresa in America c’è ed è anche consistente, ma nel giro di qualche mese la Fed dovrà aumentare il tasso d’interesse perchè ha già inondato i mercati di liquidità e non può farlo ancora per molto tempo. Io credo che questa sia la lettura più corretta.
Una crisi ci esporrebbe a nuovi rischi sui mercati. Credo che su questo punto lei converrà.
E’ evidente che una crisi di governo peserà. Ma per dirla tutta fino in fondo, io credo che sia meglio affrontare due mesi difficili, piuttosto che ritrovarci tra sei mesi in una situazione economica ancora difficile, senza sbocchi, esposti alle incursioni di tutti gli acquirenti di quello che resta nel nostro Paese. E’ per questo che preferirei una crisi di governo e nuove elezioni e poi un governo di solida maggioranza che volti pagina, faccia le riforme e ponga le premesse per una autentica ripresa dell’Italia. A mio parere, ripeto, indipendentemente dalla decadenza o meno di Berlusconi, questo governo ha fatto poco e male, proseguendo nella linea del governo Monti.
(Gianluigi Da Rold)