A dieci giorni di distanza dall’annuncio di un accordo che cambia le sorti dell’industria italiana, Sergio Marchionne, il grande protagonista dell’operazione, si concede ai microfoni di un rotocalco nostrano. Come già in precedenza, Fiat sceglie di parlare con il quotidiano la Repubblica e col suo direttore, Ezio Mauro. Gli spunti sono tanti, soprattutto il respiro che arriva da un’economia – quella americana – che, per quanto colpita duramente come l’Europa da una delle crisi più devastanti dell’economia capitalista, ha saputo evidentemente trovare le condizioni per ripartire: questo grazie anche a capacità e, soprattutto, volontà che mancano alla nostra politica.



Per restare tuttavia su ciò che più da vicino riguarda aspetti diretti e immediati del nostro mercato e della sua occupazione, Marchionne – sollecitato dal direttore di Repubblica circa il futuro degli stabilimenti – dice che “nel polo Mirafiori-Grugliasco si faranno le Maserati, compreso un nuovo suv e qualcos’altro che non le dico. A Melfi la 500 X e la piccola Jeep, a Pomigliano la Panda e forse una seconda vettura. Rimane Cassino, che strutturalmente e per capacità produttiva è lo stabilimento più adatto al rilancio di Alfa Romeo. Mi impegno: quando il piano sarà a regime la rete industriale italiana sarà piena, naturalmente mercato permettendo”. A precisa domanda poi di Ezio Mauro “Sta dicendo che finirà la cassa integrazione eterna per i lavoratori Fiat?” Marchionne risponde: “Sì, dico che col tempo – se non crolla un’altra volta il mercato – rientreranno tutti”.



Marchionne afferma quindi l’intenzione di investire e di rilanciare la produzione in Italia, soprattutto quella legata al marchio dell’Alfa Romeo. Di qui, in particolare, l’impegno a far ripartire lo stabilimento di Cassino, i cui dipendenti sono 4.800. Oggi si producono Giulietta, Bravo e Delta con lunghi periodi di cassa integrazione ordinaria. È l’unica fabbrica italiana a cui non è stata ancora assegnata una missione produttiva, ma potrebbe appunto essere interessata dal rilancio dell’Alfa. A questo proposito Marchionne parla di “capannoni-fantasma”, mimetizzati in giro per l’Italia, e di squadre di uomini che stanno preparando i nuovi modelli Alfa Romeo che saranno annunciati nel piano industriale che Fiat-Chrysler presenterà ad aprile.



Tuttavia Marchionne, per ben due volte, introduce comprensibilmente la variabile del mercato nel suo ragionamento. La ragione non è puramente legata agli andamenti del mercato, in particolare italiano ed europeo, dove Fiat negli ultimi anni ha accumulato perdite operative per circa 4 miliardi di euro e, solo in Europa, è passato da una quota del 9,3% nel 2009 al 6,4% nei primi dieci mesi del 2013. Chi conosce bene il mercato dell’auto parla di un possibile recupero di Fiat sul passato nell’orizzonte di 6-7 anni. Fiat oggi produce in Italia 400mila auto, un quarto di quelle realizzate da stranieri in Spagna, mentre nel Regno Unito la sola Toyota ne assembla 3 milioni. Marchionne ha promesso il rilancio di Alfa Romeo quattro volte. Si consideri che, nel 2012, le 100mila unità vendute erano pari a quanto Audi vendeva in tre settimane.

Ma… perché Marchionne si mostra così ottimista? Come scrivevo ieri, gli interessi di Fiat e Fiom stanno sempre più convergendo. Landini ha capito – e su questo si fonda molto il riavvicinamento tra Fiom e Fiat – che non è in discussione il “polo del lusso” Mirafiori-Grugliasco (circa 7.000 lavoratori): lì si produce la Maserati, che sul mercato americano ha avuto una buona performance e che rappresenta quel particolare prodotto di alta qualità per uscire dai mass market e per collocarsi nella fascia premium, dove la concorrenza è minore e i margini sono più alti. Questa è la strategia di Fiat per il prossimo piano industriale, peraltro dichiarata apertamente sempre in questa intervista. La Ghibli promette di dare una spinta decisiva verso il traguardo delle 50.000 auto all’anno, da molti ritenuto impossibile considerate le 6.300 unità consegnate nel mondo lo scorso anno. Invece nei primi nove mesi del 2013 gli ordini sono stati quasi 23.000, e circa il 50% sottoscritti da clienti americani. Il mercato Usa promette molto bene e la scalata verso quota 50.000 sembra sempre meno impossibile.

Soprattutto a Mirafiori, provincia di Torino, la Fiom ha sempre avuto la sua roccaforte. Oggi il sindacato di Landini è tornato a fare assemblee negli stabilimenti, ha bisogno di rilanciarsi: in questi tre anni ha perso il 50% dei suoi iscritti, passati ad altre sigle. Ora è il momento buono: ma la Fiom, in un certo senso, ha bisogno della Fiat per rilanciarsi. E la Fiat ha bisogno della Fiom. Perché? Perché Marchionne, per tornare a reinvestire in Italia, vuole che il Governo italiano partecipi in modo serio con interventi di politica industriale ed economica, come – con le debite proporzioni – il Governo americano è stato partecipe del rilancio di Chryler. Guarda caso, a tirare la giacchetta a Enrico Letta ci sta pensando proprio Landini che continua a invocare investimenti pubblici per il rilancio del mercato dell’auto. Marchionne è convinto che Landini abbia molte possibilità di successo: Letta non lo ignorerà.

Detto questo, Landini nella sua incessante critica all’esecutivo circa la mancanza di politiche industriali non fa che ripetere ciò che ha scritto nel suo libro “Forza lavoro”, edito da Feltrinelli a novembre 2013. Landini ha cambiato solamente obiettivo: per tre anni è stato Marchionne, ora è Enrico Letta. Al premier Landini indica anche dove andare a prendere i soldi: come Bonanni, si riferisce esplicitamente alla grande massa di denaro liquido delle pensioni integrative, gestito dalle banche e dalle assicurazioni. Ma, naturalmente, questo è denaro dei lavoratori.

C’è da credere che prima di aprile, quando Fiat annuncerà il suo piano industriale, Marchionne avrà avuto garanzie da Letta circa il concreto impegno del Governo per il rilancio di Fiat in Italia. Diversamente, qualche stabilimento chiuderà, ma non il “polo del lusso”. È chiaro anche che l’impegno dell’esecutivo potrebbe consistere nell’accompagnare l’eventuale chiusura di qualche stabilimento, con interventi strutturali consistenti in processi di riqualificazione e di ricollocazione. Marchionne avrà comunque la sua parte. E, tutto sommato, anche Landini avrà di che vantarsi: l’impegno di tutti, anche del Governo, sarà quello di salvare il lavoro.

 

In collaborazione con www.think-in.it

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