Con la borsa ai massimi dal 2011 e lo spread ai minimi come reagirebbero i mercati se in Italia si andasse a votare domani? Magari con una legge elettorale che garantisca maggioranze stabili di governo? Come inciderà l’antieuropeismo che i maggiori partiti politici stanno usando come bandiera per la campagna elettorale? Lo abbiamo chiesto a Edward Luttwak, economista, politologo e saggista americano. «Non importa se lo spread tende a zero – ci ha risposto -. Le tue obbligazioni puoi farle andare alle stelle, strangolando però la tua economia. Fino a un certo limite. Fino a quando la gente capirà che in Italia bisogna cambiare la politica, fare di Grillo un iper moderato e avere dei veri populisti che dicano che il debito pubblico non lo pagano. Fino al quel punto puoi migliorare lo spread aumentando le tasse. Che è esattamente quello che avete fatto».
Con la borsa ai massimi dal 2011 e lo spread ai minimi si può dire che le condizioni dell’Italia sono migliorate?
Lo spread, il famoso spread, ha un valore mediatico e sicuramente interessa i tecnici. Ma non ha nessun impatto sulla situazione economica degli italiani. Essi non sono schiacciati dallo spread, ma dalle tasse sui consumi che sono talmente elevate da far aumentare i prezzi e dalle tasse sulle imprese che inducono le aziende a lasciare a casa i lavoratori anziché creare occupazione. L’impatto quindi è sul consumatore, sul produttore e sull’operaio. Il problema è il drenaggio fiscale. Mi spiego.
Prego.
Nel tentativo di ridurre il debito, le tasse sono talmente aumentate da schiacciare l’attività economica. Si è ridotto il flusso delle tasse che lo Stato raccoglie ed è aumentata la spesa del welfare. Pertanto il debito corre ancora di più. Il governo italiano è imbarcato, con il consenso della Banca centrale e di Mario Draghi, su un corso di autolesionismo economico. Mentre c’è un consenso globale degli economisti, fuori dal coro degli euro-fanatici, che dicono: state sbagliando. Come Hitler e i suoi generali che erano convinti fino all’ultimo di vincere la guerra mentre tutti gli altri esperti militari del mondo pensavano che invece l’avrebbe persa dopo tre settimane. Questa è la situazione. Se venisse in America, Mario Draghi lo metterebbero a fare il parcheggiatore. Mentre il nostro segretario del Tesoro, Jack Lew, è l’ennesimo funzionario americano venuto in Europa a dire che siete tutti pazzi! È già successo.
Quando?
Nel 1914. L’Europa, sempre più avanzata, è impazzita, come accadde allora. Anche lì sono dovute intervenire le truppe americane. Poi, di nuovo, l’Europa tornò a essere la più avanzata e scoppiò la Seconda guerra mondiale. Oggi sta rallentando l’economia globale con il suo comportamento fanatico in difesa dell’euro. Per l’Italia è questione di aritmetica.
In che senso, scusi?
Il governo italiano può fare quello che ha fatto quello britannico, ridurre cioè la spesa pubblica. In Inghilterra hanno licenziato 500mila dipendenti pubblici. In Italia se ne possono licenziare 750mila. E poi ridurre le tasse. Dopo qualche mese anziché avere 750mila disoccupati in più, ci sarebbe un milione di disoccupati in meno. Gli inglesi hanno fatto questo negli ultimi quattro anni sotto il naso degli italiani. Hanno talmente aumentato l’occupazione che molti laureati italiani oggi fanno i camerieri a Londra. Hanno ridotto l’Italia a un Paese di emigranti, come la Nigeria. Non c’è fallimento peggiore.
L’Italia dovrebbe abbandonare l’euro?
I governi italiani potrebbero facilmente rimanere nell’euro senza problemi, solo riducendo la struttura pubblica. Ma finora non l’hanno fatto. Negli Stati Uniti abbiamo tagliato l’8,8%, gli inglesi hanno tagliato dell’8%, i tedeschi hanno fatto tagli immensi alla loro spesa pubblica: gli italiani hanno ridotto dello 0,025%! Questa equazione non si può risolvere. O tagli drasticamente la spesa pubblica, tagli le tasse e rilanci l’economia, o il declino continua. Perché nell’economia moderna se non hai una crescita del 2% la disoccupazione aumenta. Se vuoi avere disoccupazione stabile devi crescere. E l’Italia non cresce. Adesso dicono che ci sarà un po’ di crescita l’anno venturo. Ma questo non è possibile.
Perché non è possibile?
Stanno andando contro la logica dei numeri. Rilanciando l’economia anche le tasse che lo Stato incamera aumenterebbero, nonostante il taglio delle aliquote. L’Italia invece sta facendo il contrario. Dall’inizio della crisi a oggi c’è ancora una Regione Molise.
Cosa c’entra il Molise?
Trecentomila abitanti, un governo regionale con relativa giunta, due province e 105 comuni. Quello che questi funzionari si mangiano in salari e spese e tutto il resto equivale a tutto il prodotto possibile che il Molise potrebbe fare per investire nel futuro. La città di Houston, Texas, ha 3 milioni di abitanti, un sindaco e 14 consiglieri. Tutti insieme costano meno della giunta regionale del Molise, pur avendo un numero di abitanti dieci volte maggiore!
Anche in Italia molti invocano il taglio della spesa pubblica.
In Italia manca la capacità politica, nonostante il modello stia lì di fronte. Gli inglesi si sono infatti ripresi da una profondissima depressione, hanno rilanciato l’economia alla grande e registrano un 3% di crescita. Semplicemente tagliando la spesa pubblica il lunedì e tagliando le tasse lo stesso giorno. Già mercoledì l’economia comincia a crescere. Ma la classe politica italiana non guarda a questo modello. In questa situazione il tentativo di risolvere i problemi aumentando le tasse è controproducente. Non importa quindi se lo spread tende a zero. Le tue obbligazioni puoi farle andare alle stelle, strangolando però la tua economia. Fino a un certo limite.
Quale limite?
Fino a quando la gente capirà che in Italia bisogna cambiare la politica, fare di Grillo un iper moderato e avere dei veri populisti che dicano che il debito pubblico non lo pagano. Fino al quel punto puoi migliorare lo spread aumentando le tasse. Che è esattamente quello che hanno fatto.
Sarebbe un disastro quindi andare al voto domani in queste condizioni, i mercati non capirebbero, no?
Non lo so. Intanto per esserci un vero disastro bisogna che ci sia un partito populista che alza la bandiera sanguinante della rivolta fiscale, ma io non lo vedo. Grillo è riuscito a convogliare il populismo in Parlamento.
Molti partiti sono pronti a entrare in campagna elettorale facendo dell’antieuropeismo la loro bandiera.
Vero. Ma essere antieuropeisti significa uscire dall’euro. Che non vuol dire affatto uscire dall’Europa. Basta vedere la Svezia: è in Europa ma non è nell’euro! Non c’è nessun bisogno di stare nell’euro per restare nell’Europa. Ma essere pro o antieuropeisti non c’entra.
Come non c’entra?
A questo punto per rilanciarsi, l’Italia deve alleggerire la pressione fiscale. O svalutando il debito e la maniera più facile di svalutare il debito è passare dall’euro a una valuta italiana poi dire che il debito pubblico italiano dall’attuale emissione in euro passa a quello, diciamo, in lire. Decidendo voi a che livello fare questo passaggio, stabilendo per esempio che per ogni euro si prendono 50 lire. Questa è una possibile soluzione. Ma basterebbe semplicemente copiare il modello inglese. Non si deve uscire da nessuna parte e non bisogna fare alcun cambiamento strutturale. Basta andare alla regione Molise e a quei 300mila abitanti dare un sindaco e due consiglieri. O anche alla regione Sicilia.
Perché adesso tira in ballo la regione Sicilia?
A Palermo quelli che lavorano per lo Stato, la regione, la provincia e il municipio sono così tanti che i disoccupati e quelli che lavorano in settori produttivi sono una piccola minoranza. Se queste cose non cambiano, il risultato non può che essere il populismo del sistema politico. Se tu metti le persone in condizioni estreme reagiscono con politiche estreme. E l’avanzamento che si è visto finora di Le Pen in Francia è solo l’inizio.