Ora non ci sono più dubbi, è direttamente Sergio Marchionne a svelare il futuro di Fiat Chrysler Automobiles (FCA): questo il nome del gruppo nato dalla fusione annunciata il primo di gennaio. Come avevamo anticipato in tempi non sospetti (23 dicembre 2013), apprendendolo direttamente da fonti vicinissime ai vertici del gruppo, il Lingotto fa le valige e trasloca: secondo un modello già sperimentato con Cnh, FCA avrà sede legale in Olanda e residenza fiscale a Londra (quest’ultima scelta annunciata ma ancora da ufficializzare). Il gruppo comunque continuerà a pagare le tasse nei paesi dove opera, per via del fatto che ogni stabilimento è un’azienda a sé, ma Londra offre indiscussi vantaggi per il pagamento dei dividendi maturati.
Londra, inoltre, è molto prestigiosa, e può essere anche il modo per spingere il prodotto in uno dei mercati europei più importanti; non si trascuri anche che agli americani non interessava mantenere la sede in un piccolo mercato come quello italiano: da questo punto di vista Londra è un buon compromesso, per lo meno restiamo in Europa. Il settimo costruttore mondiale sarà poi quotato alla borsa di New York e avrà un secondo listino a Milano.
Per Sergio Marchionne si tratta di “un giorno storico, il più importante della mia carriera”. Per il giovane Elkann, “la nascita di FCA segna l’inizio di un nuovo capitolo della nostra storia”. L’entusiasmo del management del gruppo è davvero alle stelle.
Alla vigilia del cda che segna l’inizio della nuova era per il gruppo Fiat-Chrysler, John Elkann e Sergio Marchionne hanno incontrato a Roma il presidente del Consiglio, Enrico Letta. Nessuna notizia ufficiale sull’incontro, ma si può immaginare che i vertici del Lingotto abbiano voluto rassicurare il premier sull’impegno del gruppo in Italia e sugli investimenti per il rilancio della produzione.
A questo proposito, come anche in questo caso abbiamo più volte riportato, gli investimenti di cui si parla (8 miliardi di euro) implicherebbero certamente una crescita della produzione. È chiaro che nel giro di qualche anno potrebbe esserci la possibilità di mandare a regime il personale che al momento è molto sotto-impiegato. Ma l’operazione è naturalmente molto complessa, si consideri che molti dei lavoratori del gruppo sono in cassa integrazione, in particolare per quanto riguarda gli stabilimenti di Mirafiori, Melfi e Cassino: a Melfi 5.500 operai lavorano la metà delle ore, a Mirafiori sono 4.300 a lavorare 3 giorni al mese, a Cassino 3.860 sono impiegati 6/7 giorni su 30, e a Pomigliano 1.200 sono in cassa integrazione a rotazione.
È vero che il rilancio della produzione – e di Alfa Romeo in particolare – è condizione per riassorbire il personale e saturare gli stabilimenti, ma non si tratta di una conseguenza immediata e, soprattutto, bisognerà capire realmente come si comporterà il mercato. Non è scontato, infatti che ciò che viene prodotto sarà poi venduto. A questo proposito, Letta avrà promesso a Marchionne qualche intervento per l’export?
In collaborazione con www.think-in.it