«Tutte le rivoluzioni nella storia francese sono iniziate come forme di protesta contro una tassazione ritenuta eccessiva. L’attuale governo di Parigi ha alzato le tasse anche per rispondere alle esigenze di austerity europea, e in alcune regioni la gente non solo si è rifiutata di pagarle, ma si è riversata per le strade distruggendo tutto». È il quadro delineato da Brigitte Granville, economista francese e professoressa di Economia internazionale alla Queen Mary University of London. Mentre in Germania il settore privato ha registrato un’espansione per l’ottavo mese consecutivo, con il Purchasing Manager’s Index (che indica appunto le performance dei privati) a quota 55,2, la Francia ha continuato a scendere raggiungendo una soglia del 47,0.



Professoressa Granville, quali sono le ragioni per cui la Francia non riesce a uscire dalla recessione?

Il welfare sociale della Francia, che è molto costoso, è reso sostenibile da un’elevata tassazione delle imprese. Ciò riduce la competitività dei prodotti francesi, e il fatto di trovarsi all’interno dell’euro impedisce di risolvere il problema ricorrendo alla svalutazione.



Ritiene che la Germania abbia beneficiato dell’euro senza alcun vantaggio da parte della Francia?

Assolutamente no. La Francia ha sempre avuto bisogno di riforme economiche che la nostra classe politica è stata riluttante ad adottare. Con l’introduzione dell’euro, il nostro Paese ha avuto l’opportunità di prendere a prestito denaro a tassi molto convenienti, e ciò ha portato a rimandare ancora di più le riforme che erano necessarie. La Francia ha quindi tratto grandi benefici dall’euro, anche se a partire dalla crisi del 2006-2007 le banche si sono trovate a essere molto esposte.



A quel punto che cosa è avvenuto?

Poiché l’introduzione dell’euro impediva di risolvere il problema svalutando, l’unica alternativa rimasta era quella di approvare delle misure di austerità. Il problema a questo punto è che i francesi per natura non sono un popolo paziente. Ma a parte questa differenza, lo scenario che ho delineato è lo stesso che si è verificato anche in altri paesi come Grecia e Italia, che a loro volta avevano tratto dei benefici dall’euro.

In che senso Francia, Grecia e Italia avrebbero tratto dei vantaggi dall’euro?

Il fatto di avere un’unica moneta ha fatto sì che tutti prendessero a prestito allo stesso tasso d’interesse dei tedeschi. Il mercato finanziario nei primi anni del 2000 ha ragionato come se l’intera Eurozona fosse solida e affidabile come la Germania. Francia, Grecia e Italia hanno dunque goduto della stessa credibilità che aveva l’euro.

 

Che cosa intendeva dire prima quando ha affermato che i francesi per natura non sono pazienti?

In Francia tutte le rivoluzioni sono iniziate come forme di protesta contro una tassazione ritenta eccessiva. L’attuale governo di Parigi ha alzato le tasse fino al punto che le persone hanno iniziato a rifiutarsi di pagarle. Lo scorso novembre in Bretagna i contribuenti si sono rifiutati di pagare la cosiddetta “Ecotassa”. La gente si è riversata per le strade e ha distrutto tutte le infrastrutture.

 

Che cosa accadrà se questo movimento di protesta dovesse allargarsi?

In Francia le cose accadono sempre molto rapidamente, basti pensare al ’68 di Parigi. Il tasso di disoccupazione in questo momento ha raggiunto livelli molto elevati, e il livello della fiducia nel governo è il più basso mai registrato prima. Nei prossimi mesi ci attendono le elezioni comunali ed europee, e secondo i sondaggi un gran numero di elettori voteranno per i partiti di estrema destra. In Francia storicamente i partiti di estrema destra non sono mai andati oltre il 3%, eppure in questo momento raggiungono il 27% dei consensi.

 

(Pietro Vernizzi)