Il problema principale che vivono tutte le società sul pianeta è il complesso rapporto, sempre più asimmetrico, tra creditore e debitore. Maggiore è la distanza tra creditore e debitore e maggiore è il potere (invisibile ma concreto) di chi ne gestisce le relazioni transazionali. Su di esso sono costruiti tutti i sistemi economici, finanziari e politici del pianeta. Che il rapporto debitore/creditore sia il motore del mondo da oltre duemila anni è fatto conclamato. Tuttavia, la storia ci insegna che questo complesso rapporto, che nasconde le ragioni delle guerre e del dominio tra e sui popoli, ha subito delle modifiche profonde nei primi anni del XX secolo, e dopo le due guerre mondiali un’ulteriore rivoluzione (a colpi di deregolamentazione e di dottrine neoliberiste).
Il nesso tra sviluppo ed espansione della democrazia e crescita del debito non può sfuggire. Nel periodo degli anni ‘70-’80 i governi hanno iniziato a emettere titoli di debito basati su prestiti collettivi di soggetti privati bancari, e successivamente hanno accettato di “parcellizzare” (titrizzare) i propri titoli di debito per crearne dei nuovi, sempre gestiti da quei soggetti privati. Così è nato un sistema perverso ed esponenziale di debito interplanetario e interdipendente che attanaglia la vita degli stati e dei cittadini in tutto il pianeta.
Ormai risulta sempre più difficile risalire al debito originario, individuare le cause del rapporto tra il titolare del credito e del debito, mentre è evidente che il sistema fornisce un alibi perfetto per imporre lo sfruttamento basato sul pagamento oneroso del servizio debitorio e creditorio. Cliccando qui potrete vedere una mappa del debito elaborata nel 2013 dal New York Times.
Quando le Nazioni Unite avevano ancora lo spirito del ‘46 e godevano del servizio di personale qualificato secondo quei parametri etici, lanciarono l’allarme negli anni ‘80. L’allora Segretario generale (‘82-’91), il diplomatico peruviano Javier Perez de Cuellar, lanciò nel 1989 il programma per il “partenariato mondiale per lo sviluppo”, che includeva “un sistema finanziario e degli scambi non discriminatorio, aperto, basato sulle regole, e prevedibile” e un “accordo mondiale per la sostenibilità del debito nel lungo termine”. Seguì nel 1991 il rapporto Craxi sul debito mondiale, che dettagliava le misure possibili per un approccio mondiale e condiviso per eliminare o ridurre significativamente il debito.
Tutto questo fu stravolto da eventi geopolitici che hanno trasformato il corso della storia e il destino dei popoli nel mondo. Il successivo Segretario generale dell’Onu (‘92-’96), il diplomatico egiziano Boutros Boutros-Ghali, che dovette confrontarsi con la potenza americana che dal 1993 cambiò radicalmente politica estera (Amministrazione Clinton) sostituendo la gestione politica con l’interventismo militare, presentò “una agenda per la pace“ che privilegiò il Consiglio di sicurezza a scapito dell’Assemblea generale. Il diritto internazionale fu così trasformato in diritto interstatale dell’uso della forza per scopi umanitari. I principi umanitari occidentali prevalsero sui diritti dei popoli, delle nazioni e degli stati.
Del piano per la risoluzione politica del debito lanciato dal suo predecessore non se ne ebbe più notizia, mentre la questione del debito fu trasformata da politica ad attuariale. Prevalse così un approccio intergovernativo, gestito dalle organizzazioni sopranazionali (Banca mondiale, Fmi, Ocse), che impose un unico metodo di gestione del debito: spingere la crescita attraverso misure di austerità delle finanze pubbliche e riforme strutturali tendenti al cambiamento dei regimi di governo. Il dominio mondiale della potenza egemone, gli Usa e il dollaro, era ormai assicurato dall’organizzazione mondiale.
La crisi del sistema del credito americano del 2007 e quella del debito europeo nel 2008 hanno segnato l’apice della sostenibilità del sistema del debito sviluppatosi con la deregolamentazione a partire dagli anni ‘80. Lo squilibrio mondiale ha provocato l’acutizzarsi delle disparità e delle asimmetrie sociali, con livelli drammatici in Europa dove, per la prima volta dall’inizio del XX secolo, è messa in pericolo la relazione tra democrazia e sviluppo economico. In altre aree del mondo si moltiplicano i conflitti armati, le insurrezioni, e si riaffermano assunti e dogmi di rigida ispirazione religiosa. Quattro fenomeni formano un’unica cuspide che sta intimorendo il mondo: l’insicurezza; la paura; la costrizione; l’impotenza. Fenomeni che continuano a castrare lo sviluppo economico e che sospingono la rottura dell’equilibrio sociale.
Per evitare il peggio è quanto mai necessario uno scatto etico che imponga ai governi di affrontare la causa primaria che ha portato a questo stadio la civilizzazione occidentale e che rischia di coinvolgere l’intero pianeta in un conflitto lungo e autodistruttivo: il debito!
Un progetto strategico che l’Unione europea potrebbe lanciare è di chiamare subito una conferenza multilaterale per la gestione del debito. Una nuova conferenza che sostituisca il sistema agonizzante di Bretton Woods è imprescindibile. La gestione concordata e guidata del caos è certamente un obiettivo che ci riguarda tutti. L’alternativa alla gestione concordata del caos è lo scontro, la prova di forza per imporre il proprio dominio. In un tale scenario disastroso né l’Unione europea, né l’euro potranno sopravvivere.