In Parlamento c’è un Onorevole, già potente ministro dell’Economia, che nel bel mezzo della crisi amava dire “la crisi è terra incognita”. Gulp, come un metereologo che non vede il domani. Di quel dire improvvido i suoi compagni di governo e di partito non dicono nulla; l’opposizione non lo fischia, né chiede le dimissioni. I politici, tutti, della crisi sembrano non capire un tubo. Perché?



La faccenda è un po’ complicata, proviamo a dipanarla: i partiti sono rappresentanze di interessi. Gli interessati votano per interesse di parte, i partiti, appunto. I partiti sono pure però “redistributori di reddito”. E qui la faccenda si complica. Per buona parte del ‘900 fu la liceità del profitto il pomo della discordia: botte da orbi in omnia secula seculorum. Si divisero su tutto, i pro-profitto e i contro. Soggetti questi tanto forti da spaccare il mondo e la politica: da una parte il mondo capitalista, dall’altra quello socialista. L’un contro l’altro armati, la classe del capitale e quella del lavoro; destra e sinistra.



In un’Italia con al centro la Dc, un’iperbole interclassista e una politica dei redditi accorta per 50 anni li fece, magari controvoglia, collaborare allo sviluppo del Paese. Buoni i risultati: crescita economica, sviluppo industriale, innovazione fecero uscire il Paese prima dalla fame poi pure dal bisogno. Più o meno benessere, insomma, in barba a quei sociologi che gridano al consumismo e agli intellettuali che fanno il coro.

Ce ne sarà pure per i politici, ma questa è un’altra storia. La storia di un successo produttivo che tocca vette insondabili e che, spesso, quando tutto troppo in alto sal cade sovente precipitevolissimevolmente. Così, quando crolla il Muro di Berlino, sotterrando il comunismo, comincia pure la lenta agonia dei vincitori.



Già, quando il produrre si inerpica ben oltre il bisogno e il potere d’acquisto non riesce a stargli dietro, si ricorre al debito per fare la spesa. Quando, dopo anni e anni di vacche grasse, il debito fa sboom e viene a mancare la possibilità di acquistare la pappa per tizi oramai sovrappeso, gli ingrati si mettono a dieta.

In quell’impresa stanno impresari, organizzatori di quei fattori che hanno sovraprodotto e chi lavorando ha fatto quel sovraprodotto; sul mercato ci sta pappa in eccesso. Fosse solo pappa beh… anche auto, abbigliamento, arredi, case, acciaio, telefonini, libri, latte, energia e molto altro ancora, in sovrappiù. Questo fanno, oggi, quelli forti di ieri. Già, per non oziare nel vizio hanno prodotto troppo. Mentre chi del vizio ha fatto virtù impiegando il tempo, l’attenzione, persino l’ottimismo fino a mettere su ciccia per smaltire quella pappa, forti di cotanto fare presentano il conto ai deboli. Capito quei viziosi ciccioni?

Beh, se per fare la crescita si rende indispensabile mangiarla quella pappa e per continuare a mangiarne occorre avere un potere d’acquisto che l’acquisti, altrimenti la pappa che resta in magazzino marcisce, la crescita decresce e voi, ex forti, sarete ancor più deboli e pure smagriti. Confindustria, a fronte di tutto questo, trasale e per bocca di Squinzi prima elabora, quindi auspica “la società dei produttori”, ottenendo il consenso pure dei sindacati. Il tentativo, insomma, temerario e disperato di trovare un comune interesse, tra chi nell’impresa sta ai vertici e chi sta alla base.

Rieccoli capitale e lavoro, ancora loro, stavolta insieme per forza, anzi per debolezza. Sì, perché mettere insieme due debolezze non fa una forza! Così sbiadiscono le identità della destra e della sinistra. Così finisce davvero il ‘900. I politici del nuovo millennio, per non dover ratificare la scomparsa dell’agone che organizzava lo scontro degli interessi, non se ne avvedono: una politica miope che invece di rappresentare gli interessi di quelli della pappa sta ancora con quegli ex forti ora deboli, debolissimi, non riuscendo a fare granché.

Acc…. vedo che la mezz’ora volge al termine, è il tempo dei consigli. Già, nel mondo alla rovescia diamo noi i consigli per gli acquisti: Orsù, Signori del Palazzo, se volete ancora rappresentare i deboli, rappresentate gli interessi di quelli forti, date loro quel che gli spetta. Torneranno a ingrassare cosicché tra i vostri rappresentati qualcuno dovrà nuovamente produrre, qualcun altro lavorare; torneranno a ingrossare pure gli utili, cosi come i salari.

Una politica insomma, buona per fare gli interessi di tutti. Soprattutto nuova, per i ciccioni che lo meritano, buona pure per quegli smagriti tornati in tempo in forma. Acquisti, appunto: con una fava, due piccioni, forse tre, e tanti, tanti voti!