«Siamo davanti a un punto e a capo: la quotazione di FCA è il coronamento del lungo lavoro fatto da Sergio Marchionne in tutti questi anni, ha ottenuto quello che voleva, fare una azienda avvero internazionale. E adesso che altro saprai fare? Lo vedremo proprio con questo esordio in Borsa». È quanto dice il giornalista economico Sergio Luciano davanti all’esordio in Borsa, a Milano e a New York, del nuovo titolo FCA che prende il posto della vecchia Fiat. Un esordio ricco di fattori, che fa chiedersi che conseguenze avrà per risparmiatori e lavoratori italiani prima di tutto. Questa quotazione, spiega ancora Luciano, «è un punto e a capo, il coronamento del lavoro di Marchionne, adesso siamo davvero davanti a un gruppo unico globale e Marchionne adesso ci deve dimostrare che altro sa fare oltre a questo e soprattutto dirci come tratterà l’Italia».
Quanto è importante la quotazione di FCA per i risparmiatori, i lavoratori e anche per l’azienda Fiat?
L’importanza di questo evento è rilevante più sul piano formale che su quello sostanziale.
In che senso?
Le novità sostanziali che hanno portato il gruppo Fiat Chrsyler Automobiles – che da oggi possiamo davvero ufficialmente chiamare così – fino alla quotazione sono di natura strategica, attraverso le scelte che Marchionne ha impostato e reso possibile con un lavoro durato dieci anni. Oggi questo lavoro si manifesterà con questo atto formale, la quotazione in Borsa.
La contemporanea presenza del titolo alla Borsa di New York che impatto potrà avere?
Non rappresenta un danno per i risparmiatori e per l’azienda, anzi.
Perché?
Perché quello americano è un mercato ricco e pieno di opportunità, molto più del nostro che rimane un mercato nazionale. Ricordiamo poi che la Fiat a New York è sempre stata quotata tramite dei certificati rappresentativi di titoli stranieri, che non erano proprio delle azioni ma dei derivati: comunque la Fiat c’era. È quindi una operazione importante nel senso che adesso capiamo e constatiamo che la Fiat è davvero diventata una azienda internazionale.
Dunque non ci sono conseguenze di tipo negativo per i risparmiatori italiani. E per i lavoratori?
Le controindicazioni possono essere il rischio che la natura internazionale, accentuata da Marchionne in questi anni, possa risolversi in un ridimensionamento della presenza in Italia ulteriore rispetto a quanto già accaduto.
Cioè?
Marchionne e gli Agnelli dicono che questo ridimensionamento non ci sarà, e al momento direi che c’è da credergli, se non altro perché il capitale investito in Italia è ancora tanto e ridimensionarlo oggi non avrebbe senso per loro. Sarebbe un danno fare un tratto di penna su impianti di grande forza come Cassino e Mirafiori. Quindi faranno quello che farebbe qualunque gestore di buon senso.
Ci spieghi.
Cercheranno di tenere in piedi questi impianti limitando le perdite fin quando sarà possibile e questo dipenderà da molti fattori che sono in parte di mercato e in parte di natura nazionale. L’Italia è un Paese che continua, nonostante tante buone intenzioni, a scoraggiare gli investimenti industriali con le tasse e tutti i costi che sappiamo. Mantenere aperta una azienda con tanti dipendenti, con un alto costo del lavoro conviene sempre meno a chiunque, non solo agli Agnelli. Il tema è aperto penso sia ragionevole credere per ora alle loro buone intenzioni.