Poco più di sei mesi fa il presidente cinese Xi aveva speso 11 giorni in Europa proponendo anche alle autorità dell’Ue l’apertura di formali negoziati per una zona di libero scambio Cina-Ue. “Non è il momento”, risposero i magrittiani dirigenti europei. Non la pensa così la Germania. Da quando è cancelliere, Angela Merkel si è recata ben 7 volte in Cina, e dal 1993 a oggi l’interscambio commerciale bilaterale si è moltiplicato per 12 volte. La Cina è oggi il quarto partner commerciale tedesco dopoFrancia, Usa, Regno Unito e Olanda. I dati (2013) sono eloquenti: export 67 miliardi (al primo posto la Francia con 100 miliardi); import 73 miliardi (al primo posto l’Olanda con 89 miliardi); cifra d’affari (export+import) 140 miliardi (la prima è la Francia con 164 miliardi). I dati dell’intercambio Germania-Cina nel 2014, nonostante il rallentamento delle due economie, porterebbero la cifra d’affari a 184 miliardi. Questi dati dicono molto delle priorità strategiche della Germania sia verso gli Usa, sia verso la Ue.
Consiglio vivamente di dare uno sguardo all’agenzia stampa cinese Xinhua che dà ampio risalto al viaggio del premier cinese, Li Keqiang, che tra il 9 e il 18 ottobre sta visitando Mosca, Berlino e Milano. Le prime due visite sono dei vertici bilaterali tra i governi cinese, russo e tedesco con un’enfasi eloquente per la sequenza e la sostanza. A Milano, invece, la Cina parteciperà al decimo vertice Asem (Ue-Asia) che è ospitato dalla presidenza italiana. Nella pagina dedicata all’Italia, l’agenzia cinese menziona i temi (miserelli): incontro con le autorità italiane (protocollare); cooperazione nel settore nucleare; export italiano in Cina; il settore vinicolo e tessile; il padiglione cinese all’Expo 2015. Non è così per le pagine dedicate alla Russia e alla Germania.
In Russia, durante tre giorni di visita, la Cina ha ribadito il suo sostegno all’ordine mondiale raggiunto dopo la Seconda guerra mondiale, nell’ambito del quale la cooperazione tra i due paesi va a beneficio della pace e dello sviluppo mondiale. A questo chiaro messaggio strategico indirizzato agli Usa, all’Ue e all’Ucraina, la Cina e la Russia hanno fatto seguire 40 protocolli commerciali e la decisione di costituire una linea di cambio yuan/rublo per 20 miliardi di dollari. Un chiaro messaggio che raffredda la dominanza del dollaro.
In prospettiva, i due paesi intendono costruire ulteriori gasdotti e facilitare gli scambi culturali e di studio. Ulteriore chiaro messaggio che le sanzioni alla Russia non hanno prodotto altro che il rafforzamento della cooperazione sino-russa. Se a questo si aggiunge il progetto di ferrovia ad alta velocità Berlino-Mosca-Pechino si capisce che quell’asse fatto di investimenti, innovazione e commercio è tutt’altro che morto. Fino al 2011 l’Italia era in prima linea nel progetto Razvitie, prima che fosse autorizzata la sostituzione del governo Berlusconi, mentre oggi vende scarpe, vestiti e vino.
Anche con la Germania la visita di tre giorni del leader cinese porterà risultati significativi (52 pagine di accordi commerciali). L’incontro protocollare con il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, ha riaffermato lo scontato sostegno cinese all’integrazione europea. Ad Amburgo la visita è stata fruttuosa: investimenti stranieri diretti in entrambi i paesi; energie rinnovabili; industrie ad alta tecnologia; aerospazio; liberalizzazione del sistema finanziario; apertura in Lussemburgo di un hub per il “clearing” dello yuan.
A Berlino, il leader cinese è ricevuto con i più alti onori militari ai quali seguono le vere discussioni politiche e strategiche che riguardano le relazioni con la Russia, gli Usa, il Medio Oriente, e quindi quell’insieme che costituisce l’Eurasia e l’Asia Centrale. Tutti mercati prioritari per la Germania come per la Cina. Il messaggio che emerge è chiaro: Berlino ha sostituito Bruxelles nelle relazioni con la Cina.
Quel che emerge con forza è che il secolo americano iniziato nel 1916 si sta malamente concludendo dopo le pesanti sconfitte in Vietnam (1973) e in Iraq (2003-2011), e quella piuttosto imminente nell’insieme del Medio Oriente. La visita di Li Keqiang significa che la nuova Via della Seta sta aprendo il nuovo secolo Eurasiatico. Che l’Ue sia in uno stallo senza precedenti e che i suoi due progetti faro – integrazione e unione – stiano miseramente fallendo è cosa chiara a molti. Il richiamo cinese (e l’offerta) agli europei è di evitare uno slittamento verso il caos non gestito. Non converrebbe agli europei ma ancor meno alla Cina.
Se questo scenario dovesse manifestarsi – e noi lo temiamo già in corso – la Cina da sola non avrebbe la forza economica per riaggregare tutto il continente europeo. Quindi, nel tentativo di ridurre il danno si svilupperebbe una balcanizzazione del continente europeo, con paesi che già stanno scegliendo una direzione strategica verso l’Est (Germania) e altri che resteranno al traino della declinante egemonia americana. Un caso a sé sarebbe il Regno Unito che, come titola Limes “L’Impero è a Londra”, ha già preso le contromisure sia verso l’eurozona non germanica, sia verso gli Usa, sia verso la Cina.
Piange il cuore, in questo contesto, nel vedere che l’Italia in soli 3 anni ha perso completamente un ruolo internazionale, riducendosi a essere “comandata” dall’esterno. Non sarebbe forse il caso di un improvviso colpo di reni, a sorpresa e fuori dagli schemi, per riprenderci il ruolo di “potenza delle relazioni orizzontali” con Asia e Africa che abbiamo ricoperto per millenni?