“Francia e Italia, in ritardo sulle riforme, diventano sempre di più i ‘bambini problematici’ dell’Eurozona”. Sono le parole di Jens Weidmann, governatore della banca centrale tedesca, che si è riferito a Roma e Parigi con il termine di “Sorgenkinder”. Quindi il numero uno della Bundesbank ha aggiunto: “Gli esempi di Spagna e Irlanda mostrano che le riforme strutturali valgono la pena. Non basta sanare le banche, altri punti deboli dello sviluppo vanno corretti”. Abbiamo chiesto un commento ad Antonio Maria Rinaldi, professore di Economia internazionale all’Università di Chieti-Pescara.
Francia e Italia sono davvero dei “bambini problematici”?
Io penso che il vero bambino problematico sia Weidmann. Preso dall’enfasi del ruolo di presidente della Bundesbank, si è scordato del fatto che non ha nessun potere, né nessuna voce in capitolo per quanto riguarda la politica interna dei vari paesi. Ciò che l’Italia deve fare o non deve fare non è una cosa che riguarda Weidmann. Lui ha altri tipi di mansioni e ben farebbe a occuparsi solo di quelle. Anche perché la sua non è una nomina dal punto di vista del suffragio universale, e quindi non è stato eletto bensì nominato sulla base di accordi interni alla Bundesbank.
Weidmann è titolato a esprimere giudizi sulla politica economica di Francia e Italia?
No, anzi non si capisce perché si debba permettere di parlare, in quanto non ha i titoli per poterlo fare. Lo stesso Draghi del resto non ha nessun titolo per parlare o interferire sulle azioni dei governi dei vari paesi. È chiaro che, affermando che in Italia e Francia le riforme non hanno prodotto gli stessi risultati della Spagna, Weidmann sta solo portando acqua al suo mulino. Noi vediamo però che in Spagna ciò sta arrecando dei benefici solo al sistema bancario e non certo alla popolazione, dal momento che il livello della disoccupazione è rimasto molto elevato.
Weidmann ha inoltre criticato la Bce per la scelta di acquistare gli Abs. Come valuta queste osservazioni?
Per il governatore della banca tedesca, poiché gli Abs sono cartolarizzazioni di crediti di difficile gestione, la Bce rischierebbe di prendere dei titoli senza nessun tipo di garanzia. La Bundesbank vorrebbe gestire l’area euro come se fosse il marco, con il controllo “ossessivo” della stabilità dei prezzi e il rigore dei conti a tutti i costi. Il giovane e inesperto Weidmann si deve però rendere conto che aver accettato una moneta comune significa anche dover condividere le scelte e non soltanto imporre la propria volontà. Tanto più che la Germania non rispetta il Patto di stabilità e crescita per il suo eccessivo surplus.
Il fatto che Weidmann critichi non solo l’Italia, ma anche la Francia, significa che l’euro è arrivato al capolinea?
L’euro è arrivato al capolinea perché si basa su un modello economico che non è né replicabile, né esportabile in tutti i paesi dell’unione monetaria. Noi abbiamo modificato radicalmente il nostro modello economico, affidandoci a un sistema che prevede la stabilità dei prezzi e il rigore dei conti come presupposti per la crescita. Ciò è in antitesi con il modello che era stato perseguito in precedenza da parte dell’Italia, e che aveva portato il nostro Paese dal disastro della guerra a essere la quarta o quinta potenza economica mondiale.
Hollande ha detto basta all’austerity. Anche l’Italia dovrebbe fare altrettanto?
La Francia si sta rendendo conto dche non è più proficuo per la propria economia rispettare i vincoli europei. I francesi però hanno la forza politica e la lungimiranza per fare rispettare prima gli interessi del loro Paese e poi le imposizioni esterne. L’Italia al contrario è innanzitutto supina ai vincoli esterni. Il governo Renzi, che è il primo esecutivo italiano che potrebbe avere una facile via alternativa di fuga insieme alla Francia, non la sfrutta affatto. Il nostro consiglio dei ministri al contrario dovrebbe subito allearsi a Hollande e dire che anche noi facciamo come lui, lavorando insieme per cambiare le regole.
(Pietro Vernizzi)