“Confermiamo, rendendoli strutturali, sia il bonus da 10 miliardi in busta paga sia il taglio dell’Irap che anzi andiamo a rafforzare con una spesa complessiva sull’anno di 6,5 miliardi, concentrandolo sul costo del lavoro come ci aveva chiesto Confindustria. A questo aggiungiamo un bonus per gli imprenditori che assumono a tempo indeterminato”. Sono le novità della legge di stabilità per il 2015 presentate dal sottosegretario alla presidenza del consiglio, Graziano Delrio. Lunedì Renzi aveva annunciato tagli alle tasse da 18 miliardi, che ora il suo braccio destro sostanzia spiegando come saranno composti. Anche se per Leonardo Becchetti, professore di Economia politica all’Università Tor Vergata di Roma, non è da queste misure che può venire la ripresa per l’Italia, bensì da una rinegoziazione delle regole europee.



Che cosa ne pensa della scelta di ridurre l’Irap, anziché estendere la platea dei beneficiari del bonus da 80 euro?

Da un lato il Governo vuole mantenere il bonus da 80 euro, rendendolo permanente, e nello stesso tempo punta a introdurre un taglio dell’Irap per le imprese. Staremo a vedere se queste misure saranno compensate da un taglio delle tasse in altri settori, per esempio per quanto riguarda le prestazioni occasionali. Il Governo si è reso conto che il bonus da 80 euro non ha rilanciato i consumi, e d’altra parte si è convinto dell’importanza di ridurre le tasse alle imprese, perché ci troviamo in una concorrenza fiscale con Paesi che hanno aliquote molto più basse. Un’imposizione elevata sulle imprese significa rischiare fenomeni di evasione fiscale, ma soprattutto il trasferimento di stabilimenti all’estero. Ridurre le tasse sulle imprese può quindi trattenere una parte di questa produzione.



Le misure inserite nella Legge di stabilità possono davvero rilanciare l’economia?

In molti affermano che ce la faremo da soli, ma io ritengo che l’Europa in questo momento stia contribuendo in modo molto negativo in un quadro in cui Bce, Germania e altri Paesi non stanno facendo il loro dovere. Se fossi nel Governo dedicherei molte energie al tentativo di riformare le regole Ue, convocando una conferenza dei leader europei per riflettere sul modo di cambiarle. Quanto prescritto da Bruxelles non ha più senso non solo per l’Italia, ma anche per la stessa Germania. Tra le più assurde c’è il Nairu, cioè il tasso di disoccupazione che non aumenta l’inflazione. Stiamo usando delle regole che non hanno nessun valore economico.



Che cosa ne pensa degli sgravi per chi assume a tempo indeterminato?

Il Governo vuole aumentare gli incentivi sui contratti a tempo indeterminato, concedendo uno sgravio fiscale che duri per almeno tre anni. L’obiettivo è rendere convenienti per le imprese i contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti. Bisogna vedere se ci riuscirà, perché per produrre effetti occorreranno degli sgravi fiscali piuttosto sostanziosi.

 

Il Tfr in busta paga è stato escluso dalla Legge di stabilità. Poteva essere una misura positiva?

Il Tfr in busta paga avrebbe avuto un impatto sulla crescita dei consumi sicuramente superiore agli 80 euro. Il Governo si è però reso conto che è molto rischioso fare un’operazione del genere, perché le imprese avrebbero perso una fonte di finanziamento a basso costo. Le aziende usano infatti i futuri Tfr come fonte di liquidità per finanziare i loro investimenti.

 

L’Italia avrebbe la forza negoziale per ridiscutere con la Germania la regola del 3%?

A livello europeo la Germania non è sempre in maggioranza, tanto è vero che Draghi l’ha messa in minoranza. Per quanto riguarda le regole del Fiscal compact, in questo momento l’unica sponda forte è quella della Francia. Spagna, Grecia e Portogallo pensano di avere risolto i loro problemi, e quindi dicono: “Noi i sacrifici li abbiamo fatti e adesso li devono fare anche gli altri”. In realtà, se si osserva la dinamica del debito, la situazione non è affatto sotto controllo neppure in Spagna, Grecia e Portogallo. Anche questi tre Paesi hanno quindi interesse a rinegoziare le regole Ue.

 

(Pietro Vernizzi)