Il Governo italiano correggerà la Legge di stabilità per venire incontro alle richieste della Commissione Ue. È quanto si spiega nella lettera del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, al commissario Ue Jyrki Katainen. Per trovare i 4,5 miliardi aggiuntivi richiesti da Bruxelles si utilizzeranno i 3,3 miliardi precedentemente accantonati in vista di un eventuale intervento aggiuntivo, oltre a 0,5 miliardi di euro di minori cofinanziamenti e ad altre misure di vario tipo. Il ministro Padoan sottolinea inoltre che dal 2008 a oggi il Pil dell’Italia si è ridotto di oltre il 9%. Abbiamo chiesto un commento a Oscar Giannino, giornalista economico.
Perché Padoan nella sua lettera insiste sul fatto che il Pil dell’Italia si è ridotto del 9%?
La risposta del ministro Padoan alla lettera Ue è essenzialmente di natura tecnica. La parte più rilevante della nota di aggiornamento del Def è quella in cui si avanza come proposta un criterio per valutare il cosiddetto output gap.
Che cos’è l’output gap?
L’output gap è l’effetto sui conti pubblici della minor crescita e dell’incremento del divario tra l’output potenziale e l’output reale. E’ un criterio diverso da quello fin qui adottato dalla Commissione Europea. La novità della nota di aggiornamento del Def consiste nel dilazionare nel tempo il conseguimento dell’obiettivo di medio termine (Omt) di azzeramento del deficit corretto per il ciclo, perché il governo è convinto che l’output gap vada misurato in un modo diverso. E’ una questione tecnica complessa, ma che sottosta ai quasi 9 punti di Pil in meno dell’Italia tra 2008 e 2014. E’ una scelta tecnica di cui non si parla nei trattati Ue come Two Packs e Six Packs.
Come valuta la scelta di utilizzare l’output gap come criterio per elaborare la legge di stabilità?
Il governo avrebbe dovuto sottoporre questo criterio diverso all’attenzione della Commissione uscente fin da prima dell’estate. Se avessimo fatto così la posizione italiana ne avrebbe guadagnato in chiarezza. Non averlo esplicitato ci ha fatto invece passare come i soliti furbetti.
Quali sono state le conseguenze?
La conseguenza è stata che si è creato un pasticcio politico. Il governo Renzi e Padoan hanno concordato con Juncker quello che appare come uno schiaffo a Barroso. Il governo invoca la trasparenza delle lettere dell’Europa e sarebbe stato meglio che anche le scelte, pur legittime, fatte con la legge di stabilità fossero state attuate con tutti i sacri crismi. La lettera Ue in cui ci sono chiesti i quattro miliardi e mezzo non chiarisce se vada adottato o meno il criterio dell’output gap. La questione resta quindi sospesa, mentre sarebbe stato meglio chiarirla subito.
Le scelte del governo nella legge di stabilità sono state improvvisate?
Niente affatto. Che il governo avesse già previsto tutto è evidente dal fatto che ha accantonato 3,4 miliardi di euro per un eventuale intervento. Si è scelto quindi di impostare la questione in modo da accrescerne la drammatizzazione agli occhi dell’elettorato italiano, così da portarsi a casa dei consensi a spese dell’Europa “cattiva” che non capisce. Ora mancano però ancora 1 miliardo e 100 milioni, che saranno reperiti attraverso incrementi di entrate e minori cofinanziamenti europei, cioè con una riduzione della spesa per investimenti. E’ il limite di questa legge di stabilità, ancora troppo concentrata sulle entrate e troppo poco sulle spese correnti.
Insomma il limite non è nei confronti dell’Europa, bensì innanzitutto verso l’Italia?
Esattamente. La scelta di incentrare la manovra su imprese e lavoro sconta il fatto che se ne sopravvalutano molto gli effetti proprio per la bassa propensione delle imprese ad assumere a tempo indeterminato. Il governo aveva una serie di provvedimenti già scritti fin da quando è nato ad aprile, per intervenire su parti molto rilevanti di spesa pubblica che non sono identificabili né con licenziamenti né con tagli ai servizi dei cittadini.
(Pietro Vernizzi)