La radicalizzazione del conflitto sindacale con la compagnia aerea Meridiana non aiuta la soluzione di una vertenza complessa, né a far uscire il vettore da una lunga crisi. Crisi che si è generata da scelte aziendali e strategiche sbagliate. A cominciare dall’acquisizione con fusione di Eurofly di qualche anno fa, che ha allargato il perimetro delle attività aziendali in un settore, quello charteristico, con un eccesso di offerta. La crescita dimensionale ha provocato delle diseconomie, anziché economie di scala, mettendo insieme due aziende inefficienti.
Negli anni passati non è stata rinnovata la flotta e oggi ci si trova con aerei obsoleti, gli MD80-83, che ancora volano solo in Italia e in Africa, in Europa sono fuorilegge. Tali aerei hanno consumi di carburante superiori del 30% rispetto ad altri velivoli, oltre che essere molto inquinanti. Ci si è adagiati sul mercato della “continuità territoriale” sulle linee per le Isole, gestite in monopolio e parzialmente sussidiate dallo Stato. Ma non è bastato. I costi operativi e gestionali crescevano a ritmi sempre più elevati, mentre l’arrivo delle compagnie low cost, in tutta Europa e in Italia, è stato sottovalutato.
Invece di snellire l’azienda e cambiare le sue strategie, ottimizzando la rete su segmenti di mercato più profittevoli, Meridiana è rimasta ferma, mentre il mercato e la concorrenza sono cambiati profondamente. A nulla sono valse le diverse ricapitalizzazioni del fondo proprietario Akfed. Ora gli equipaggi preferiscono restare in cassa integrazione, dove percepiscono l’80% del salario medio dell’ultimo anno percepito (per un comandante sono anche 7 mila euro al mese), piuttosto che lavorare sotto l’egida della nuova entrata Air Italy comperata da Meridiana. Qui piloti e assistenti di volo, che non sono schiavi e neppure sottopagati, offrono le loro prestazioni professionali con retribuzioni inferiori del 20-30% e con livelli contributivi del 40-50% in meno dei colleghi di Meridiana. Ad Air Italy vige un contratto di lavoro più snello, mentre a Meridiana nessuno vuol lasciare trattamenti economici e normativi “privilegiati”.
Una storia in piccolo come quella di Alitalia, con la differenza che Meridiana è privata anziché pubblica. L’abuso della Cig nella sua durata, da 4 anni, ha fatto pensare che si potesse andare avanti così per sempre. Oggi il sindacato non vuol prendere atto della realtà, ma “resiste” senza sbocco. Ogni giorno che passa la situazione peggiora e l’immagine della compagnia viene sempre più compromessa assieme ai costi.
La consociata Air Italy ha un ottimo mercato. Sta assumendo, paradossalmente, dall’esterno gli equipaggi per soddisfare le sue rotte di lungo raggio per l’Africa, l’Asia, il Sud America e alcune tratte europee. Questi sono spazi di lavoro che dovrebbero essere occupati da alcuni dei 1.600 lavoratori in mobilità. Manager deresponsabilizzati, sindacati seduti sugli allori e ammortizzatori sociali “appaganti” che tutelano sia i lavoratori che il carrozzone aziendale sono i nodi venuti al pettine.