Il nostro Paese presenterà a Commissione Ue, Banca europea per gli investimenti (Bei) e Stati membri “più di mille progetti concreti di investimento sostenibili e realizzabili nel prossimo triennio per un valore superiore ai 10 miliardi”. Lo ha reso noto Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, nel corso della conferenza Femip organizzata dalla Bei a Napoli. Un’iniziativa che per Carlo Altomonte, professore di Economia dell’integrazione europea all’Università Bocconi, va nella direzione giusta, ma non produrrà effetti benefici nel breve termine, e che va quindi accompagnata da una riduzione delle tasse.



Questi 10 miliardi possono dare una scossa positiva all’economia italiana?

La questione più delicata sarà vedere il rapporto tra fondi pubblici e fondi privati. La lista è pari a 300 miliardi, ma non è detto che siano interamente pubblici, e lo stesso vale per i 10 miliardi richiesti dall’Italia. A prescindere dall’effettiva entità, sicuramente gli investimenti avranno un effetto positivo, che non sarà però di breve periodo. Bisognerà vedere inoltre se i progetti saranno completamente finanziati. Nell’immediato l’impatto potrebbe essere di qualche decimale di punto di crescita l’anno, che non basterà certamente a risolvere l’andamento congiunturale della nostra economia.



Come valuta le priorità per gli investimenti identificate dal Governo?

Per quanto riguarda le priorità identificate dal governo, fatico a pensare all’Alta Velocità Napoli-Bari come a un progetto di interesse prioritario. Bisognerà avere in mente dei progetti con un impatto transnazionale europeo, in grado di collegare l’Italia al resto del continente. Occorrerà puntare quindi sull’efficientamento energetico, sull’interconnessione sulla griglia e sulla banda larga.

Quanto tempo ci vorrà prima che questi investimenti inizino a dare respiro all’economia italiana?

Dipenderà dai Tar. La mia idea è che ci debba essere una legge di priorità nazionale su alcuni progetti, per cui bisogna derogare dai vincoli delle Regioni e della giustizia amministrativa. Già troppi investimenti sono stati ritardati dalla lentezza della giustizia amministrativa in Italia. L’effetto nel tempo di questi investimenti potrebbe iniziare a sentirsi tra due come tra 50 anni, soprattutto se i Tar si metteranno in mezzo ai vari progetti. Se al primo esproprio necessario per realizzare la banda larga un condominio fa ricorso, tutto si bloccherà immediatamente.



Come ritiene che vadano valutati questi investimenti da un punto di vista strategico?

Congiuntura e riforme strutturali sono due elementi in qualche modo complementari. In questa fase del ciclo economico con le sole riforme strutturali non andiamo avanti. Sostenere nel breve la ripresa dell’economia significa agire sulla leva fiscale, in particolare sull’Irap, e sulla ripresa del credito bancario. Bisogna poi garantire le condizioni perché nel medio periodo ci siano ritorni interessanti da un punto di vista della crescita degli investimenti. Ben vengano da questo punto di vista gli investimenti in strade, collegamenti per l’energia, banda larga e interconnessione europea.

 

L’Italia riesce a usare adeguatamente i fondi Ue?

Noi non riusciamo a usarli bene, e la colpa è interamente italiana. Campania, Calabria e Sicilia sono le uniche tre Regioni europee su 256 che non hanno ancora presentato i piani operativi regionali a Bruxelles. Non vanno cambiate le regole Ue, va cambiata la classe dirigente che amministra le nostre Regioni. Queste ultime sono solo centri di spesa fuori controllo che hanno aggiunto un livello di burocrazia e di complessità che mostrano a tutti come il federalismo italiano sia clamorosamente fallito.

 

(Pietro Vernizzi)